COM’È DIFFICILE INVENTARSI UN TORMENTONE
Ha la faccia da bravo ragazzo e piace a tutti (dai teenager ai nonni). Le sue canzoni entrano in testa e non escono più (vi dice niente El mismo sol?). Due hit in due estati. E il terzo anno Álvaro Soler, il giudice bello di X Factor, ci riprova. Con un altro brano in spagnolo super ritmato. Dice: «Le stagioni passano, io voglio restare».
Igenitori lo sanno: le sue canzoni sono un tormento in auto, i bambini chiedono di rimetterle una, due, dieci volte. Sono un tormento anche nelle spiagge, alle radio, nelle discoteche dove le sue due hit, El mismo
sol, anno di nascita 2015 e Sofia (2016) vengono passate a nastro anche ora che sono invecchiate. A queste si è aggiunta
Yo contigo, tu conmigo, che dal 24 agosto sentiremo anche al cinema, perché è la canzone di chiusura di Cattivissimo me
3, in uscita quel giorno. Álvaro Soler, 26 anni, spagnolo (con padre tedesco però) è musicalmente ovunque perché riempie le piazze: dal 18 luglio al 24 agosto, infatti, gira con il suo tour l’Italia, il Paese che gli ha dato per primo popolarità smisurata. In numeri: si è aggiudicato 36 dischi d’oro e platino in tutto il mondo, 200 milioni di stream vie web, 600 milioni di visualizzazioni dei suoi video e il suo primo album, Eterno agosto, da un anno in classifica. Ci avrebbe mai creduto se glielo avessero detto solo tre anni fa? Certo che no! Però non è stata solo fortuna , se no a quest’ora sarei sparito. Quando hanno proposto il suo nome come giudice di X Factor molti hanno storto la bocca: e chi è questo pivello? Crede di aver fatto cambiare idea? Spero di sì, sono andato lì anche per questo; far capire che ho frequentato diversi stili musicali prima di avere successo. Sì, però qualcuno l’ha definita perfetto come « acchiappa bimbeminkia » , il bello che fa il giudice insomma. Le ha dato fastidio? È ovvio. La gente pensa che sia tutto più facile se sei bello, invece è il contrario, devi anche dimostrare che hai la testa. L’essere piacente avrà contato anche nel diventare il maestro dei tormento- ni estivi, due anni di fila, un record. D’ora in poi mi farò chiamare «maestro». Ah ah.. non scherziamo. È dura inventarsi un tormentone? Non è cosa facile. Non basta una buona canzone. Deve avere un’anima. Sia meno vago… Un brano compatibile con le radio, ballabile, con un ritmo deciso, allegro almeno nella musica. Leggenda vuole che El mismo sol sia nata in un giorno. Vero? No. Io ho sempre bisogno di lasciar decantare un brano, magari viene fuori d’improvviso, ma poi devo riascoltarlo aggiustarlo, guardarlo a distanza. Diciamo almeno due giorni, ah ah! Altra leggenda: ha affinato la voce quando era in Giappone con la sua famiglia partecipando alle serate di karaoke. È così? No, naturalmente però il karaoke mi ha molto aiutato a vincere la paura di esibirmi davanti agli altri. Le sue canzoni sono nella playlist di sessantenni, millennial, adolescenti, bambini. Come lo spiega? Ai miei concerti c’è di tutto, dai sei anni ai 60. Penso di piacere anche ai genitori, non sono un maledetto, non ho tatuaggi, ho la faccia da bravo ragazzo. Fin troppo: non avrebbe voglia di qualche trasgressione, di finire sui giornali per una storia d’amore sbagliata, per esempio? Non ho paparazzi che mi inseguono, non faccio notizia. Tranne quando insinuavano un affair con Emma. Io ridevo, leggevo e ridevo. Semplicemente, non era vero. Lei maestro dei tormentoni, non ha paura di essere una meteora della musica? È successo a tanti prima di lei. Intanto ho già due canzoni che stanno girando il mondo, Polonia, Svizzera, Spagna, Italia… Lavoro duro con la mia squadra, ho inciso duetti con artisti noti, Jennifer Lopez, Emma, Max Gazzè. Ho motivo per andare avanti. Mi spiace per chi mi considera una meteora, ma io sono qui per restare.