Panorama

Io, Bocelli e la bacchetta magica

Una collaboraz­ione artistica e un’amicizia interrotte per un equivoco durante un’intervista. Adesso il grande direttore d’orchestra Steven Mercurio ristabilis­ce la verità. Sul cantante italiano e sulla propria idea di pop.

-

Sono sette anni che Steven Mercurio si chiede come ha fatto Kevin Berger, giornalist­a del Los Angeles Times, a scrivere un’intervista così confusa da mandare in fumo non solo una delle collaboraz­ioni più fertili nella musica classica ma anche un’amicizia che sembrava cemento. Personaggi: il cattivo, Steven Mercurio, classe 1956, direttore d’orchestra italoameri­cano diplomato alla prestigios­a Juilliard school di New York, con un curriculum strepitoso, dieci pagine di Wikipedia che sembrano l’elenco telefonico delle star (da Daniela Dessì a Sting, da Chick Corea a Placido Domingo). L’amico tradito è il cantante Andrea Bocelli. Infine, lo sciagurato che ha redatto l’intervista dell’8 dicembre 2010, Kevin Berger. Il quale, mentre Mercurio descriveva quanto Bocelli fosse perfetto nel canone del bel canto (e i puristi andassero al diavolo) ha trascritto così male che Mercurio pareva dicesse dell’amico che gli mancavano due note acute per essere un vero tenore lirico. Maestro Mercurio, ci spiega che cos’era successo? Avevo commentato le critiche che facevano a Bocelli «dal punto di vista dei puristi», ma il giornalist­a scrisse come se fossero idee mie. Bocelli respira la musica, la sua voce è la più riconoscib­ile al mondo, come fu quella di Luciano Pavarotti e Frank Sinatra, e canta la lirica benissimo dal vivo. Sarei disponibil­e a fare qualsiasi progetto con lui. Pensa che ci siano differenze tra la percezione italiana e quella americana della voce di Bocelli? Gli americani sono più generosi e positivi degli italiani, non aspettano l’errore dell’artista e non lesinano applausi quando egli dà tutto. Lei ha lavorato molto anche per la musica pop. Come concilia queste due anime? Il pop può essere fatto bene, la classica può essere fatta male. Ho lavorato al tour mondiale di Sting e nello stesso periodo dirigevo Morte e trasfigura­zione di Strauss. Non potrei mangiare lo stesso cibo tutti i giorni, lo stesso vale per la musica. È stato per anni direttore musicale al Festival di Spoleto e ha lavorato molto in Italia... Sì, sono stato a Spoleto dal ’93 al ’97, accanto a Gian Carlo Menotti. Quando ricordo i miei anni in Italia mi commuovo. L’ho percorsa tutta, da Trieste a Palermo, non vedo l’ora di tornarci. Ho lavorato su programmi estremamen­te diversi tra loro: Berg, Puccini, Shostakovi­ch, Previn, e molta musica contempora­nea. Ho fatto lo stesso percorso a ritroso di Stravinski­j: prima ho imparato la musica del presente, poi ho studiato il passato. Che cosa pensa delle nostre orchestre? Basta un gesto e capiscono tutto, sono le più espressive, suonano con l’anima. Poi, certo, hanno un modo creativo di fare le cose. Ogni volta che leggo di tagli dei fondi ai teatri, penso che stiate cestinando la vostra grande tradizione. L’Italia non è solo turismo, è cultura. (Costanza Cavalli)

 ??  ?? Il direttore d’orchestra italoameri­cano Steven Mercurio, 61 anni.
Il direttore d’orchestra italoameri­cano Steven Mercurio, 61 anni.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy