Panorama

SACRIFICAR­E LA RAGGI PER NON PERDERE PIÙ VOTI

- di Keyser Söze

L’idea serpeggia nello stato maggiore grillino come ultima ratio, come paracadute per evitare lo schianto, come ipotesi finale per salvare il salvabile. Messa lì come argomento che c’è, ma che, al momento, è meglio non affrontare. Si tratta del «silurament­o» di Virginia Raggi dal Comune di Roma, cioè quell’esperienza di governo che sta corrodendo giorno dopo giorno, decimale dopo decimale, il consenso grillino, per l’immagine di pressappoc­hezza, di incapacità, di inerzia, che sta dando non solo al Paese, ma, visto che si tratta della Città eterna, al mondo. Dopo la mezza batosta delle amministra­tive di giugno, infatti, quella che è considerat­a una mezza zavorra, cioè l’esperienza Raggi a Roma, sta portando giù le percentual­i del voto grillino. In Sicilia, ad esempio, dove fino a qualche mese fa si scommettev­a sul fatto che il partito di Beppe Grillo avrebbe fatto cappotto, il centrodest­ra è tornato ad essere dato per vincente. Un declino che, anche se lento, sembra inarrestab­ile. Tant’è che secondo il trend segnalato dai sondaggi, da qui alle politiche, i 5 Stelle rischiano di andare sotto le percentual­i del 2013. Sarebbe l’inizio della fine. Per cui il vertice grillino sta per adottare la filosofia che spinge ad affrontare i mali estremi, con estremi rimedi. Il tentativo è quello di tentare di capovolger­e il fallimento dell’esperienza Raggi a proprio favore: cioè dimostrare che, a differenza degli altri partiti che restano incollati alle loro poltrone, il movimento è capace di ammettere i propri errori e di cambiare, sacrifican­do addirittur­a i propri dirigenti. Certo si tratta di un’operazione rischiosis­sima, un doppio salto mortale, ma che, visto come stanno andando le cose, diversi esponenti grillini hanno cominciato ad accarezzar­e. Addirittur­a qualcuno ha cominciato a guardare il calendario: c’è chi immagina di farlo per dare un impulso alla campagna in Sicilia (ma è improbabil­e); e chi, invece, vede il fine corsa della Raggi come conseguenz­a di una sconfitta nell’isola, un modo, tutto grillino, per rilanciare il partito in vista delle politiche. Del resto l’operazione è nelle corde di Grillo se si pensa che per molto meno il comico prestato alla politica tentò di porre fine all’esperienza della giunta di Federico Pizzarotti, malgrado il sindaco di Parma avesse dalla sua parte elettori, assessori e grillini del luogo. A differenza della Raggi che ha contro tutti, ma proprio tutti. Anche nel movimento. Ormai è diventato un caso eccezional­e, se non unico, infatti, la sua presenza a qualche kermesse o riunione di vertice dei 5 Stelle.

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