INDUSTRIA E RICERCA PER DECOLLARE
Le aziende della Lombardia hanno saputo guardare avanti. Supportate dalle istituzioni che hanno aiutato a innovare.
Aver superato, per amore o per forza, il vecchio modello della grande industria degli Anni Settanta; aver lavorato bene sull’efficienza logistica; aver dato respiro internazionale alla cultura: «Sono questi i tre meriti importantissimi di Milano e della Lombardia, che ne hanno determinato la fioritura di oggi», dice Maurizio Dallocchio, docente di finanza aziendale e trend-setter dei fenomeni imprenditoriali nazionali. «La deindustrializzazione che quarant’anni fa che sembrava disastrosa è stata uno stimolo verso uno sviluppo nuovo, come lo è stato aver capito per tempo, anche a causa degli scandali, che l’imprenditoria non doveva affidarsi alla politica. Così oggi si spiega il record di start-up attive in Lombardia, la confluenza di colossi come Google, Microsoft, Ibm, Apple… Grazie a una capacità di attrazione innovativa che deriva dal rifiuto di un modello industriale obsoleto». Oltre i vecchi modelli ha saputo andare anche la Regione, nel sostenere il nuovo sviluppo: «Abbiamo adottato il criterio dell’innovazione incrementale per incoraggiare le aggiunte nette di tecnologia di processo e di prodotto, e usato al meglio i fondi europei, ai livelli della regione tedesca del Baden Wurttemberg», riassume Mauro Parolini, assessore alle Attività produttive nella giunta Maroni: «Sulla ricerca abbiamo lavorato in team col collega Del Gobbo, riuscendo a investire al meglio 100 milioni a fondo perduto, agevolando il rinnovamento dei macchinari con un mix di sostegni – fondo perduto, agevolazioni creditizie e garanzie – dal valore di 300 milioni. E poi collaborando con le Università, per esempio sui progetti mirati alla moda, lo Smart fashion, e all’edilizia, lo Smart living». Infine il capitolo del turismo: un vero boom, con l’apice raggiunto dalla passerella dell’artista Christo sul Lago d’Iseo, un milione e mezzo di visitatori, e i due brand di Milano e del Garda ad attrarre da soli 23 milioni di visitatori. Il futuro dice ancora innovazione. «Padrone di casa» ne sarà in buona parte Arexpo, la società del ministero dell’Economia (39 per cento) con Regione e Comune di Milano (21 per cento ciascuno) e Fondazione Fiera: «A dicembre 2017 entreranno in Palazzo Italia i primi 30 ricercatori dell’Human Technopole», spiega l’amministratore delegato Giuseppe Bonomi, già «padre» di Malpensa 2000, «e nel 2021 sarà pronto anche il Galeazzi. A oggi ci sono già arrivate 50 manifestazioni di interesse a impiantare centri ricerche o head-office da parte di oltre 50 imprese private, di cui una metà multinazionali. E dei 480 mila metri quadrati massimi di superficie lorda da destinare sul milione di metri quadrati che erano stati occupati dall’Expo, già 250 mila hanno potenzialmente un nome e un cognome».
Dopo l’Expo, spazio a un centro per la ricerca scientifica e al nuovo campus dell’Università Statale.
sono partiti i lavori per la rifunzionalizzazione di Palazzo Italia» sottolinea Paleari «quindi a fine anno entreranno i primi ricercatori che diventeranno 400 a fine 2018».
Il primo luglio scorso, poi, si è chiuso il bando internazionale per la ricerca del direttore generale. «Abbiamo ricevuto 46 domande, di cui la metà di stranieri, e a fine ottobre il “searching committee“selezionerà una short list di massimo cinque candidati da cui emergerà il direttore generale» continua il presidente. Cronoprogramma rispettato, dunque, grazie a quello che Paleari definisce «un allineamento dei pianeti», dove Comune, Regione, Governo, Università, Ministeri ed enti di ricerca hanno lavorato insieme con grande coesione per il lancio della cittadella della tecnologia e dell’innovazione che secondo uno studio dell’European House Ambrosetti nel 2028 sarà popolata da oltre 50 mila persone al giorno e farà girare un business da 7 miliardi di euro.
Università all’americana
Ma sull’ex Area Expo è destinato a insediarsi anche il primo campus universitario italiano di un’università pubblica, quello delle facoltà scientifiche della Statale che dovrebbero trasferirsi (il progetto è già stato approvato da Senato accademico e consiglio di amministrazione) dalle sedi attuali di Città Studi. Nel piano messo a punto dalla Statale, il cuore del progetto saranno le infrastrutture per la ricerca che serviranno tutti i dipartimenti scientifici. Oltre alle aule e agli uffici, alle biblioteche e alla mensa, ci saranno poi molte aree verdi, alcune anche per la ricerca e la didattica di Agraria. Spazio alle residenze e agli impianti sportivi: campo da calcio, da rugby, piscina e palestre. Previsti poi numerosi spazi pubblici per la socializzazione, con una grande piazza usata per eventi, hotel per l’ospitalità degli esterni all’università, negozi e scuole materne ed elementari per i figli dei dipendenti e dei professori.
Molto più avanzato, invece, il progetto che l’Università Bocconi sta realizzando nell’area dell’ex Centrale del latte: più di 36 mila metri quadrati che verranno occupati da una torre di dieci piani, quattro edifici, una residenza, un centro sportivo e un grande parco, area che porta la firma dello studio giapponese Sanaa di Kazuyo Sejima e Ryue Nishizawa per un investimento da 130 milioni di euro. I lavori della torre sono già a buon punto e termineranno nel 2018, in corrispondenza con l’inizio del nuovo anno accademico.
La città «condivisa»
Milano è anche la città dove la «sharing mobility», ovvero la condivisione dei mezzi di trasporto, trova il suo apice. Lo si legge nei numeri, visto che il car sharing ha superato i 15 mila affitti giornalieri, record in Italia, grazie a società come Car2go, Enjoy, Shar’ngo, DriveNow, EVai, GuidaMi/Ubeqoo (a dicembre arriveranno anche le auto elettriche dedicate alle aziende di Refeel) e lo sostiene anche il Rapporto 2017 di Sipotra (Società italiana di politica dei trasporti) che evidenzia come «Milano sia
la città più avanzata sul fronte della mobilità condivisa e per le sue politiche per la mobilità sostenibile».
Oggi, in base ai dati del Comune di Milano, i mezzi in condivisione sul territorio sono all’incirca 3 mila, di cui il 27 per cento elettrico, e servono poco meno di 600 mila iscritti al servizio. Il trend, però, è in continua espansione: nei primi mesi dell’anno l’utilizzo quotidiano delle auto in condivisione ha infatti superato del 36 per cento la media registrata nel 2016. E il car sharing è entrato talmente nelle abitudini dei milanesi che alcune società stanno già pensando ai mezzi necessari per soddisfare un’altra esigenza: quella delle auto a quattro posti per andare fuori città.
Ma a correre veloce nella mobilità condivisa meneghina sono soprattutto le due ruote. Dopo Bikemi, il servizio di bike sharing municipale che conta su 280 stazioni in città, 3.650 bici normali e 1.000 elettriche, 60 mila clienti registrati e 20 mila affitti al giorno, sotto la Madonnina hanno debuttato da poche settimane anche le cinesi Mobike e Ofo, portando in città le biciclette a flusso libero, ovvero «prendi e lascia dove vuoi». Solo le moto finora non hanno avuto l’atteso successo e i 150 scooter Piaggio di Enjoy sono stati ritirati a inizio anno. Ma c’è sempre una seconda chance e questa volta a scendere in strada saranno i motorini elettrici targati MiMoto e, dalla prossima primavera, gli scooter Yamaha di ZigZag.
L’attenzione a una mobilità più sostenibile si sviluppa a Milano anche nella progettazione di migliori percorsi ciclabili. L’obiettivo della giunta è quello di passare dagli attuali 215 a 300 chilometri di piste con un’attenzione particolare ai collegamenti tra centro e periferie e nove nuovi itinerari tra cui da Duomo a Porta Nuova, dalla Bicocca al Parco Nord, da Lampugnano a Bonola e Qt8.
L’arte e la cultura
Non una semplice girandola di eventi, mostre, concerti. Non solo un fitto calendario di iniziative e aperture di nuove strutture. Bensì una programmazione animata da una precisa visione politica, fatta di «integrazione tra le arti, apertura a nuovi tipi di pubblico, grande attenzione ai più piccoli», come ha spesso commentato l’assessore alla Cultura Filippo del Corno. Le novità sono già alle porte. A fine ottobre nascerà un teatro dedicato alla produzione di spettacoli dedicati all’infanzia e all’adolescenza, nella zona di piazzale Maciachini, su progetto di Italo Rota.
Nel 2018 aprirà Palazzo Citterio, nuovo passo verso la Grande Brera, sito ideale per la collocazione delle raccolte d’arte contemporanea della prestigiosa pinacoteca cittadina. L’apertura sarà il fiore all’occhiello di un anno tutto dedicato al Novecento italiano, che porterà mostre (ma anche concerti e iniziative letterarie) in diverse sedi, coinvolgendo le istituzioni della città secondo quel modello che Milano ha sperimentato già nel 2015 durante la rassegna «Expo in città». Proprio nell’area dell’Expo, il prossimo anno, avrà la sua stabilizzazione Expo Open Theatre, una nuova area dedicata agli spettacoli dal vivo per una platea di 15 mila spettatori. Grande spazio ad arte e musica, dunque.
E se le parole d’ordine restano «moda» e «design», con le relative settimane dedicate, la città si prepara ad aggiungere quattro nuovi pilastri strutturali. Nel 2018, infatti, ogni stagione avrà in via definitiva la propria settimana della creatività legata a un linguaggio particolare: «Art week» in primavera; «Photo week» in estate; una settimana per il cinema in autunno e una per la musica in inverno.
Non è finita: il design di giugno raddoppierà con una sette giorni anche in autunno; la Fashion week occuperà sempre più spazi pubblici nella città; e aprirà in corso Venezia un grande museo dedicato alla cultura Etrusca (grazie alla famiglia Rovati). Insomma, un 2018 con l’obiettivo di recuperare quella che è sempre stata una qualità milanese: la capacità di porre sempre le condizioni migliori per aumentare la fertilità del pensiero creativo, per favorirne l’eccellenza, in ogni espressione della cultura.