CHE COSA SUCCEDERÀ
IL PARERE DI MARIO SABINO Giornalista e fondatore del sito di analisi politica O Antagonista.
Temer è stato messo sotto pressione dalla sinistra brasiliana di Lula mentre stava per firmare il decreto di estradizione, tra il 4 e il 6 ottobre, con Battisti in prigione e un aereo già pronto a riportarlo in Italia. Ora la situazione si complica perché l’ex terrorista è libero e può fuggire di nuovo. Se l’estradizione non andrà in porto, sarà la seconda volta che Brasilia non mantiene le promesse fatte a Roma. La prima quando il banchiere Salvatore Cacciola (cittadino italiano e dunque non estradabile ma ricercato in Brasile) fu arrestato a Montecarlo grazie alla vostra polizia. La seconda sarebbe quella attuale: nel 2015 Roma aveva estradato l’ex direttore del Banco do Brasil, Henrique Pizzolato, e Battisti sarebbe dovuto essere la contropartita.
IL PARERE DI NICOLA PEDDE Direttore dell’Institute of Global Studies di Roma.
L’Amministrazione Trump è divisa tra chi vuole revocare l’accordo e chi invece vuole tenerlo in vita. Rex Tillerson, James Mattis e Herbert Raymond McMaster sono antiiraniani, ma non hanno voglia di uscire dall’accordo. Trump invece ha adottato una linea più dura: senza dubbio è più influenzato da Israele e Arabia Saudita. La spaccatura intensificherà le tensioni all’interno dell’Amministrazione. È probabile però che il Congresso non ripristini le sanzioni, tenendo un profilo ibrido. L’accordo non è facile da revocare perché è stato pure ratificato dall’Onu. In caso di revoca, sarà quindi richiesta la procedura adatta alle convenzioni internazionali. Ma se fosse così facile revocarlo, il rischio è che nessun altro Stato firmi più un accordo con Washington.
IL PARERE DI GIAMPAOLO SILVESTRI segretario generale dell’ong Avsi, presente da oltre 30 anni in Uganda e Kenya.
L’Africa non si sviluppa come l’Occidente: procede per scatti. Perciò è importante, a proposito di Kenya e Uganda, partire dai dati reali: crescita e contraddizioni. Le giovani generazioni rappresentano il 70-80 per cento della popolazione. Una schiacciante prevalenza, cui non sempre corrisponde la possibilità di essere protagonisti. La classe politica, dominata spesso da anziani e dinastie, frena il progresso. Ma i passi avanti ci sono. L’ Uganda ha affrontato drasticamente l’Aids, pur non sconfiggendola, e gestisce l’imponente flusso migratorio dal Sud Sudan. Il Kenya, nonostante le tensioni e la prossima ripetizione dellle presidenziali (primo caso nel continente), tenta di governare l’emergenza dei rifugiati somali e di combattere l’estremismo.