BRERA COSÌ NON L’AVETE MAI VISTA
«Panorama d’Italia» e la meravigliosa Pinacoteca milanese inaugurano due modi innovativi per scoprire i capolavori del museo. Di notte, al buio, illuminando i quadri con le torce. Di giorno, invece, entrando nelle stanze segrete...
Entrare in un grande museo di notte, al buio, armati soltanto di torce e guidati dallo sguardo esperto di storici dell’arte. È la possibilità d’immergersi in una dimensione unica, nell’impressione di essere padroni di una bellezza tante volte vista e però guardata con occhi nuovi, nella meravigliosa sensazione di trovarsi in un luogo e in un tempo che smarriscono il senso dell’ordinario, cancellano qualunque routine, si trasformano in un’esperienza per pochissimi eletti. Grazie a «Panorama d’Italia » , questo viaggio «da privilegiati» diventa accessibile con l’iniziativa Brera di notte. In gruppi dal numero limitato, ci si potrà immergere nel luogo dove sogno e arte si fondono. Si potrà accedere nella Pinacoteca di Brera, a Milano, molto dopo il tramonto (dalle 22 a mezzanotte), a luci spente, e fermarsi di fronte ad alcuni capolavori selezionati, insieme con il direttore James Bradburne e altri esperti del museo. «L’idea di visitare un museo al buio è straordinaria» commenta Bradburne. «Non certo perché le pinacoteche debbano sempre vedersi senza luce, e non soltanto perché in questa modalità si possono scoprire dettagli che sfuggono a una visita tradizionale. Bensì perché consegnare una torcia ai visitatori, per noi, significa offrire alle persone che entrano nella Pinacoteca un grado ulteriore di interattività, e trasferire il controllo delle opere dall’esperto al cittadino. Brera di notte è un nuovo passo verso quella valorizzazione innovativa che stiamo perseguendo da ormai due anni, un tentativo di rimettere il visitatore al centro del museo e la Pinacote-
ca nel cuore della città».
Direttore, questa non sarà l’unica iniziativa che faremo insieme, in occasione della tappa milanese di «Panorama d’Italia».
Certamente: importante è anche l’esperienza dal titolo Brera mai vista, ovvero la visita ai depositi della Pinacoteca, che sono attualmente visibili dalle sale ma normalmente non accessibili al pubblico. Lì sono custodite molte opere pregevoli, spesso capolavori, che per ragioni di spazio non trovano sempre posto nell’esposizione permanente, e che vedono la luce saltuariamente, grazie a una rotazione. Anche aprire e raccontare al pubblico i depositi fa parte di un nuovo modo di intendere la valorizzazione, perché dimostra che un museo va molto oltre i quadri che sono esposti nelle sale. Brera mai vista diventa per l’occasione di conoscere un patrimonio che è alla base del museo.
Che cos’è un museo, oggi?
Va ribadito che un museo non coincide con la sua collezione permanente. È molto di più. Io non posso che rifarmi al pensiero dei miei più illustri predecessori nella direzione di Brera: Franco Russoli e Fernanda Wittgens. Loro insistevano nel proporre il museo come «uno strumento della nostra cittadinanza e della nostra identità culturale». Il museo deve essere uno strumento in grado di «trasformare» un essere umano, di consegnargli cioè una nuova visione del mondo e della comunità cui appartiene.
In ogni dibattito sui Beni culturali le parole d’ordine sono tutela e valorizzazione. Che cosa significano per lei?
La tutela è imprescindibile, significa conservare per il futuro il patrimonio del passato. Ma essa non è sufficiente in sé. Occorre valorizzare ciò che si tutela, ovvero offrirlo nella maniera migliore per il presente. E la valorizzazione va pensata in maniera diversa a seconda delle diverse epoche e dei differenti tipi di pubblico. Questo va fatto per offrire nuovi strumenti agli adulti, a volte divenuti ciechi di fronte alla bellezza; e ai bambini, il cui orizzonte, purtroppo, è sempre più spesso lo schermo un tablet. La valorizzazione, dunque, riguarda tutto il museo, non soltanto il modo in cui le opere sono appese alle pareti.
Il suo mandato scade il 30 settembre 2019. Quali strategie di valorizzazione ha in programma da qui a quella data?
Innanzitutto, concludere il lavoro di riallestimento delle 38 sale (ora siamo a 24), con nuove luci, nuovi colori alle pareti, nuove didascalie scritte da esperti e da narratori, e con la realizzazione di un percorso che procede per categorie di spazio e tempo, ma che sia accessibile agli esperti come ai neofiti. Non si tratta soltanto di un’operazione di make up, dunque, bensì della messa in pratica di una consapevolezza museologica precisa, che va ben oltre la mera collezione. Per esempio, ho intenzione di aprire uno shop che venda pezzi unici e strettamente legati alla pinacoteca. Oggi i musei sono avvolti dal pregiudizio di essere luoghi polverosi. Ebbene, io voglio letteralmente «spolverare Brera». Voglio togliere la polvere dai quadri della pinacoteca e dai libri della biblioteca, e venderla come souvenir...
Parla sul serio?
Certo. Immagino bottigliette con la scritta «Polvere di Brera». Perché sia chiaro che l’abbiamo tolta tutta. Magliette con la scritta «Io sto spolverando il museo», perché sia evidente che sono i nostri visitatori a rendere la pinacoteca un luogo vivo e non polveroso. La cultura deve essere anche leggera, piena di humor e di gioia. E Brera deve tornare a essere un luogo abitato e fertile, propulsore di emozioni e pensieri. Per questo abbiamo già predisposto percorsi ad hoc per le famiglie con passeggini al seguito, abbiamo progettato panchette da disegno da distribuire nelle sale e su cui i più piccoli possano fermarsi a disegnare; abbiamo organizzato serate musicali, balli, fatto ridisegnare da Trussardi le divise dei custodi...
Dunque Brera di notte e Brera mai vista possono sposarsi degnamente con la sua idea di valorizzazione…
Non solo: dopo le esperienze che inauguriamo con «Panorama d’Italia » , possiamo addirittura immaginare di mettere questi due tipi innovativi di fruizione nel programma stabile della Pinacoteca. Sicuramente ci vorrà tempo. Ma mi piacerebbe potessero diventare due iniziative per tutto l’anno. E per tutti i visitatori. Del resto, la pinacoteca è soltanto loro.