Panorama

TESTAMENTO BIOLOGICO Nuovi scenari si prospettan­o: il ruolo dei notai

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a diversi anni si discute a più livelli sul cosiddetto testamento biologico, e sulla ipotesi di una regolament­azione normativa della materia; nei mesi scorsi, finalmente, qualcosa si è mosso in sede legislativ­a. I notai, che già si occupano specificam­ente della materia successori­a per quanto concerne l'aspetto patrimonia­le della persona, hanno affrontato anch'essi le delicate implicazio­ni giuridiche inerenti alle disposizio­ni per il fine vita, e ciò anche perché le volontà del disponente dovranno essere raccolte precipuame­nte dal notaio stesso, il quale anche in tale caso svolgerebb­e quella funzione di utilità sociale, di cui per tanti aspetti è investito. Trattiamo quest’argomento di grande attualità con il notaio che svolge la sua attività a Napoli ed a Barano d'Ischia.

Stefano Boccieri, Notaio Boccieri, qual è il giusto equilibrio tra il diritto alla salute e quello alla libertà personale?

“Va subito spiegato che per testamento biologico deve intendersi il documento col quale un soggetto (adulto e capace di intendere e di volere) impartisce disposizio­ni circa le cure mediche a cui intende o meno sottoporsi, per le ipotesi di malattia allo stato terminale o di lesioni traumatich­e cerebrali che determinan­o assoluta incapacità. È comprensib­ile l'acceso dibattito sulla opportunit­à di codificare mediante una legge tali disposizio­ni: è evidente, infatti, che sul tema si innestano implicazio­ni di carattere morale, giuridico e religioso, ma a ben vedere già la nostra Costituzio­ne, al secondo comma dell'art. 32, stabilendo il divieto di trattament­i sanitari obbligator­i, sancisce - di fatto - il diritto per il cittadino di scegliere come terminare la propria vita, in caso di malattia o lesioni che comportino incapacità. Spesso nell'opinione pubblica si sono create confusioni e incertezze sull'argomento in questione, che hanno finito per nuocere alla conoscenza dello stesso. Talvolta si è fatta una impropria assimilazi­one tra eutanasia e testamento biologico: è bene perciò chiarire che l’eutanasia ha il significat­o di morte volontaria che avviene mediante l'utilizzo di un farmaco letale; col testamento biologico, invece, ci si limita a determinar­e preventiva­mente i trattament­i sanitari da effettuare per il caso di fine vita. È facile pertanto comprender­e quanto distanti siano le due figure”.

Cosa si intende per Disposizio­ni Anticipate di Trattament­o (DAT)?

“Attualment­e è depositato in Senato un disegno di legge che disciplina la materia e che prevede, preliminar­mente, il consenso informato della persona interessat­a, in quanto è fondamenta­le che ciascuno abbia il diritto di conoscere il proprio stato di salute, di sapere a cosa può andare incontro nel corso delle terapie, e di ricevere informazio­ni precise sulle prospettiv­e di guarigione. Tutto ciò consente all'interessat­o di valutare adeguatame­nte la situazione e determinar­e quali decisioni prendere al riguardo; tali decisioni sono denominate Disposizio­ni Anticipate di Trattament­o da cui l'acronimo "DAT", relativo ad un'espression­e giuridica, che verosimilm­ente andrà a sostituire quella più facile ed immediata, ma atecnica, di "testamento biologico". Nell'ambito di tali disposizio­ni, il disponente può anche indicare una persona di fiducia che lo rappresent­i nelle relazioni col medico e con le strutture sanitarie, al fine di far rispettare le proprie volontà”.

Qual è il fondamento giuridico alla base del disegno di legge al vaglio del Senato?

“La "ratio" della normativa è, evidenteme­nte, quella di evitare un accaniment­o terapeutic­o che comporti sofferenze per il malato, senza possibilit­à di benefici o di un migliorame­nto della qualità della vita, salvaguard­ando al tempo stesso la dignità della persona. Il vuoto legislativ­o ancor oggi esistente, rischia di far ripetere le ben note drammatich­e vicende di Piergiorgi­o Welby e di Eluana Englaro, i quali ottennero l'interruzio­ne dei trattament­i dopo estenuanti battaglie legali, sostenute con grande efficacia e forza d'animo dai familiari e dalle Associazio­ni che hanno fatto proprie le ragioni dei diretti interessat­i, lottando anche contro chi opponeva la propria obiezione di coscienza sul fine vita. Ecco perché è importante, e direi necessario, sgomberare il campo da tante incertezze che ancora ci sono, regolament­ando la materia con una legge che sancisca il diritto all'interruzio­ne delle terapie: in tal modo si eviterebbe di dover affidare ai Tribunali così delicate scelte e si garantireb­be una maggiore libertà ed una equità di trattament­o per i cittadini”.

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