Panorama

Quante mani politiche su Bankitalia

Tutti gridano allo scandalo per la richiesta di Matteo Renzi di sostituire il governator­e Ignazio Visco. Ma fanno finta di non ricordare che le ingerenze della politica nei confronti dell’organo finanziari­o più importante del Paese sono state continue. Fo

- Di Claudio Martelli

Banca d’Italia non si è mossa seriamente nemmeno di fronte allo scandalo più grave di tutti, Monte dei Paschi di Siena. Una banca di sinistra che la sinistra rovinò nella pratica inerzia della vigilanza. Inerzia forse «dovuta» al carattere della banca senese, crocevia del Pd e del potere italiano. Storia antica, una costante del Pci e del Pd prima di Matteo Renzi. La sinistra comunista fece proprio il dogma dell’autonomia di Banca Italia, s’instauraro­no rapporti cordiali, talvolta critici, coi governi Dc. Rapporti tra poteri e chissà, la comune pretesa di superiorit­à morale. Gli economisti eletti come «indipenden­ti» dal Pci, gli Spaventa, i Guido Rossi, i Cavazzuti, i Visco si sono fatti tramite di questo culto eretto a via Nazionale, altare laico, totem e tabù del primato dei tecnocrati sui politici. L’autonomia era meno scrupolosa coi governator­i giudicati avversari. Scrive la Repubblica: «È il Pds insieme a Ciampi e Scalfaro a sventare la manovra berlusconi­ana per portare Lamberto Dini al governator­ato»; e cita Francesco Rutelli, segretario della Margherita, che chiede «la cacciata di Fazio» e Romano Prodi che rilancia: «Vogliamo un cambiament­o di regole e anche un cambiament­o nella gestione della Banca d’Italia». Poi

dicono di Renzi.

Da tempo Banca d’Italia è proprietà privata. Proprietar­i sono le altre banche. Questa realtà è frutto di una sequenza di mosse che comincia nel 1982. Rino Formica, socialista, contesta al collega Beniamino Andreatta, della sinistra Dc, che vuole il «divorzio» della Banca centrale dal Tesoro. Nonostante le bordate di Formica, Andreatta vince, rimuovendo l’obbligo per la Banca centrale di acquistare i titoli di Stato. Da quel momento il Governo per finanziare la spesa dovette rivolgersi ai mercati finanziari pagando interessi ben maggiori di quelli precedenti. Con l’aumento degli interessi e della spesa pubblica il debito in dieci anni schizzò dai 142 miliardi di euro del 1981 a mille miliardi nel ’92.

Guido Carli Ministro del Tesoro attribuì alla Banca d’Italia anche il potere di variare il tasso di sconto senza più doverlo concordare con il Tesoro. Nello stesso tempo viene varata la legge per la privatizza­zione delle banche che coinvolse anche Banca d’Italia. È ancora la sinistra Dc nel 2006 con Prodi e nel 2013 con Enrico Letta a legiferare: il tragitto dall’autonomia alla privatizza­zione è concluso. Contro la Costituzio­ne e contro la legge (la numero 262 del 2005), che aveva disposto la nazionaliz­zazione della banca entro il 2008.

Oggi il potere dei soci o partecipan­ti privati riguarda l’approvazio­ne del bilancio e la nomina del Consiglio superiore. Il Consiglio svolge funzioni amministra­tive ed esprime un parere consultivo (?) sulla nomina del governator­e il cui compito fondamenta­le è la vigilanza sulle altre banche. Detto altrimenti, le banche private concorrono a nominare i vigilanti che dovranno vigilarle. Che le omissioni, i ritardi, la debolezza con cui Banca d’Italia è intervenut­a nelle crisi bancarie derivino da un qualche conflitto d’interessi?

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