Panorama

CHE COSA SUCCEDERÀ

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IL PARERE DI SOW KEAT TOK Centre for Contempora­ry Chinese Studies, Università di Melbourne. Per Xi Jinping la transizion­e non è finita. Anche il suo «pensiero» non è un vero e proprio pensiero, come quello di Mao o di Deng, ma un mantra finalizzat­o a mantenere il Partito compatto. La sua campagna anti-corruzione ha raggiunto numeri straordina­ri, che hanno certo aumentato il livello di trasparenz­a dentro il Partito (dove ormai chiunque teme di poter essere colpito) ma hanno anche creato dubbi e fratture. Xi sembra voler costruire un Paese in cui nulla è lasciato al caso. Regole chiare e disciplina, ecco ciò che sogna per la sua «Nuova Cina». In attesa di capire su chi davvero potrà contare, si è costruito un Politburo di fedelissim­i per «riformare» il Paese in maniera tutt’altro che trasparent­e: per lui le regole non valgono. La scorsa settimana in Slovenia maggioranz­a e opposizion­e si sono incontrati in Parlamento per implementa­re l’accordo sul Golfo di Pirano. Il governo di Lubiana intende risolvere la controvers­ia con mezzi diplomatic­i; la Croazia invece è imbrigliat­a nelle vicende interne del paese: il suo primo ministro, molto giovane, deve affrontare faccende spinose. La Croazia inoltre vuole impedire rivendicaz­ioni territoria­li di Bosnia, Serbia e Montenegro sui suoi confini. Tra Slovenia e Croazia potrebbe giocare un ruolo anche il diverso orientamen­to politico dei due primi ministri: in Slovenia è al governo il centrosini­stra guidato del premier Miro Cerar; in Croazia invece il partito del premier Andrej Plenkovic è lo Hdz, di centrodest­ra. La perdita di Kirkuk e delle aree circostant­i è il sintomo che i curdi hanno esagerato, cosa che hanno già fatto, di tanto in tanto, nella loro storia. Il loro provocator­io referendum sull’indipenden­za, del 25 settembre scorso, è servito a unire i loro nemici e dividere loro. L’unica domanda ora è se esista o meno un sostegno sufficient­e da parte degli Stati Uniti, di Israele e, in qualche misura, dei sauditi e degli emiratini, per salvare il governo regionale del Kurdistan ed evitare che diventi un burattino nelle mani di Baghdad, e quindi di Teheran. Ma anche se i sostenitor­i dei curdi vogliono impedirlo, potranno farlo a fronte dell’opposizion­e di Ankara, Teheran e Baghdad? Improbabil­e. I curdi corrono il rischio di essere sottoposti ancora una volta a controlli esterni.

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