Panorama

Partecipar­e alle elezioni? Il dilemma divide i catalani

- A cura di Giulio Maria Piantadosi - da Madrid

Gli indipenden­tisti catalani sono a un bivio: come partecipar­e alle elezioni anticipate del 21 dicembre? Junt X Sí, la coalizione di Carles Puigdemont, potrebbe spaccarsi per le divisioni su quale strada prendere dopo la fallita proclamazi­one della Repubblica catalana. L’ex presidente Puigdemont ha invocato la «resistenza pacifica» per frenare il commissari­amento con cui Madrid tenta di riportare ordine in Catalogna. Il premier Mariano Rajoy ha

Il principe saudita Mohammed bin Salman attacca conservato­ri e islamisti puntando su un «Islam moderato» per il rilancio del Regno. In una grande kermesse per promuovere le riforme della Vision 2030, l’erede al trono ha dichiarato di voler promuovere «il vero Islam», «una religione pacifica», perché negli ultimi 30 anni «dottrine rigide» hanno governato la società «in reazione alla rivoluzion­e iraniana». Il principe intende trasformar­e il regno, il cui credo ufficiale è l’iperconser­vatore azzerato i vertici locali e sciolto il parlamento regionale, puntando su un intervento minimo per evitare la sensazione di «invasione» dello Stato centrale. La gestione della Catalogna è adesso in mano alla vicepremie­r Soraya de Santamaría. I primi a riconoscer­ne l’autorità sono stati i Mossos: prima che Puigdemont riparasse in Belgio, la polizia catalana aveva tolto i suoi ritratti. E sul palazzo della regione sventolava la bandiera spagnola.

wahabismo, in una società aperta che dà potere ai cittadini e attrae gli investitor­i. L’annuncio arriva dopo alcuni passi storici: dalla concession­e alle saudite del permesso di guidare alle nuove norme sul sistema della tutela (finora le donne necessitav­ano del consenso di un tutore per sposarsi, andare all’estero e spesso pure lavorare). Eppure le riforme del principe ( foto) sono ancora timide. Alcol, cinema e teatri sono vietati. Ed è malvisto anche mescolarsi tra uomini e donne non imparentat­i.

folha pubblicato a fine ottobre. Sono indagati per reati gravissimi come associazio­ne a delinquere, arricchime­nto illecito e malversazi­one i principali politici brasiliani, dall’ex presidente Lula all’attuale Michel Temer. Va anche peggio in Venezuela, dove non essendoci una giustizia indipenden­te, i chavisti rubano a man bassa certi dell’impunità. Risultato? Un popolo affamato in fuga (oltre 3 milioni di venezuelan­i sono emigrati dal 2010) e uno Stato fallito dominato da narcos e criminalit­à.

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