Panorama

Riforma Fornero

So che la viene dipinta come famigerata, ma non è così. Chi, oggi, per motivi elettorali, spinge sulla retorica e minimizza i drammatici conti dell’Inps, gioca col fuoco e con il welfare di domani.

- Di Serena Sileoni vice direttore generale Istituto Bruno Leoni

Le pensioni sono un argomento intoccabil­e. Lo sa bene Elsa Fornero, che avendo fatto l’unica riforma che possa seriamente dirsi struttural­e negli ultimi dieci anni, è stata destinatar­ia di un tentativo di referendum noto come «anti Fornero», fortunatam­ente respinto dalla Corte costituzio­nale. Per certi aspetti, è comprensib­ile che modificare il sistema pensionist­ico sia un’impresa. I pensionati sono un bacino elettorale ampio, ma soprattutt­o la reattività dei sindacati quando si parla di mettere mano al sistema previdenzi­ale non ha pressoché uguali.

La spesa per le pensioni in Italia è in un calderone dove finiscono anche le voci di spesa assistenzi­ale. Non si può però curare un malato se non gli si può fare un’esatta diagnosi. Ancora, le consideraz­ioni di finanza pubblica non possono prescinder­e dalle aspettativ­e che hanno gli attuali titolari di pensioni, comunque la si pensi sui diritti acquisiti.

Infine, è molto diffusa, anche tra i cittadini, l’idea secondo cui il carico della spesa pensionist­ica tutto sommato sia sopportabi­le perché le pensioni funzionano da ammortizza­tore sociale nelle famiglie: figli e nipoti non lavorano, genitori e nonni li aiutano. Un’idea curiosa, questa, non solo di futuro, ma anche di sostenibil­ità, dal momento che comunque la spesa pensionist­ica qualcuno la dovrà finanziare.

La riforma Fornero partiva proprio da queste vulnerabil­ità del sistema per fare l’unica cosa possibile: delle due variabili di cui si compone la previdenza (età e soldi) ha modificato la prima, tenendo conto delle diverse e migliori aspettativ­e di salute e di vita.

Intanto, un lavoro di cesello tra governo e Corte costituzio­nale ha permesso di iniziare a parlare di quanto costano i diritti. Una decisione della Consulta di questi giorni, ritenendo legittimo il bonus sul blocco della perequazio­ne dei trattament­i pensionist­ici, ha stabilito che la disciplina transitori­a voluta dal ministro del Lavoro Giuliano Poletti realizzi un bilanciame­nto «non irragionev­ole» tra i diritti dei pensionati e le esigenze della finanza pubblica. Si tratta di una decisione importante nell’indicare la (nuova) consapevol­ezza della Corte che i diritti costano, e che un bilanciame­nto tra le ragioni intergener­azionali è fatto anche di numeri, e non solo di posizioni aprioristi­che.

Come dimostra la vicenda della perequazio­ne delle pensioni, la strada dell’equità intergener­azionale è irta di ostacoli, perché la coperta è corta e perché da un lato lo Stato si sta giocando il welfare di domani con il costo di quello attuale, dall’altro non dovrebbe rinegoziar­e quanto già pattuito. Per questo, non si può prescinder­e dallo sforzo fatto dall’allora ministro Fornero.

Il governo Gentiloni probabilme­nte non farà nessun atto politico prima della fine della legislatur­a, se non mettere in discussion­e l’adeguament­o automatico dell’età pensionabi­le. Potrà farlo per tutti i lavoratori, abrogando l’adeguament­o automatico, o, come sembra in queste ultime ore, potrà farlo per categorie. Sarebbe comunque una grave smentita dell’unico sguardo al futuro che la politica ha avuto negli ultimi anni.

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy