Gruppo di famiglia
strani della mia vita, stranamente ordinario, come chiamare un vicino di casa per dirgli che non puoi andare al suo barbecue».
Dopo essersi rivolti ai sostenitori scioccati e in lacrime, la sera della sconfitta lei e il marito hanno guidato fino a casa in silenzio. Disperata com’era, pur di distrarsi, ha messo in ordine tutto il suo guardaroba, ha sistemato le foto negli album e ristrutturato la casa adiacente acquistata dalla coppia l’anno prima. Tra una cosa e l’altra, molte passeggiate con Bill e i loro cani, la lettura dei romanzi di Elena Ferrante e i musical strappalacrime in scena a Broadway come Les Misérables.
Ma scappare era impossibile. Anche la carta da parati nella loro camera da letto - gialla con fiori pastello - era una copia di quella nella loro vecchia camera da letto alla Casa Bianca.
Poi c’era la cerimonia di insediamento, a cui lei e il marito dovevano partecipare in qualità di ex presidente e first lady. Hillary, sapendo di avere gli occhi del mondo puntati addosso si impose di «espirare e lasciarsi andare a un urlo più tardi», questo mentre cercava di immaginarsi a Bali. «Volevo capire cos’era successo ed è per questo che ho scritto il libro».
Eppure la fase di scrittura è stata così dolorosa, ammette, che «qualche volta dovevo prendermi una pausa e stendermi». Non dovrebbe solo accettare la sconfitta e restare in silenzio? Risponde secca: «Sono assolutamente disponibile ad assu- Hillary col marito e la figlia Chelsea nel 1997, durante il secondo mandato alla presidenza di Bill Clinton. Qualche mese scoppierà lo scandalo della sua relazione con Monica Lewinsky. tilizzo da parte di Hillary Clinton del proprio indirizzo privato di posta elettronica per far transitare informazioni classificate mentre era segretario di Stato. «Ciò che è successo è stato una tempesta perfetta. Senza quella lettera di Comey credo che avrei vinto. Quella lettera inviata 11 giorni prima delle elezioni, unita all’utilizzo di WikiLeaks come arma da parte dei russi, hanno sollevato abbastanza dubbi proprio sul rush finale almeno in qualche decina di migliaia di persone in tre diversi Stati, che alla fine hanno cambiato idea sul proprio voto».
Le faccio notare che l’ex vicepresidente Joe Biden aveva criticato la sua campagna elettorale, a suo avviso carente di messaggi economici, mentre Tony Blair aveva detto che la rabbia che fomentava Trump «non era ingiustificata. Perché