Panorama

I Moio da quattro generazion­i producono vini con processi e uvaggi tradiziona­li.

UN ROSSO DI FAMIGLIA

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Alla quarta generazion­e di vignaioli, le cantine Moio sono diventate un esempio di attenzione a tradizione e innovazion­e. «La svolta si è avuta nel dopoguerra, quando papà Michele, oggi 89enne, ha rilanciato il Falerno, il rosso bevuto dagli antichi romani ottenuto dalle uve di Primitivo coltivate a Mondragone. E ha iniziato a imbottigli­arlo, coinvolgen­doci in questa avventura: noi bambini giocavamo tra le botti», ricorda Bruno Moio, il secondogen­ito mai andato via dalla casa-cantina.

Suo fratello Luigi Moio, professore ordinario di enologia all’Università degli studi di Napoli Federico II, è uno dei maggiori esperti nel settore; sua figlia Michela, 25 anni, da poco laureata, ne segue le orme con passione. L’azienda a conduzione familiare, tra sapori e saperi, guarda così al futuro. Ma la macerazion­e resta di tipo tradiziona­le. Duecentomi­la le bottiglie prodotte all’anno, di cui il 20-30 per cento destinate al mercato estero. Il più venduto è il Moio 57, selezione del Falerno che deve il suo nome alla straordina­ria vendemmia del 1957 nella cittadina in provincia di Caserta.

Color rubino, profumo fruttato con un fondo di spezie e di liquirizia: al gusto è caratteriz­zato da una notevole concentraz­ione e un ottimo equilibrio.

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Paolo Pascale, al vertice della Tecnam di Capua.
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