Panorama

L’ITALIETTA DEL CALCIO E DELLA POLITICA

- Di Giorgio Mulè

Nessuno meglio di noi quasi cinquanten­ni che fummo abbastanza grandi per fare il bagno nella fontana del paese dopo il trionfo ai Mondiali dell’82 e decisament­e maturi nel 2006 da evitare lo sfregio artistico preferendo indossare la maglia della Nazionale quando asfaltammo la Francia, comprende la pena di tutti i nati a ridosso o nel XXI secolo. Mai una gioia in azzurro da quando sono venuti al mondo: piangono all’inizio sull’inno di Mameli e piangono alla fine per il risultato, così da sempre. Solo delusioni. Ora gli è toccato vivere pure l’umiliazion­e dell’esclusione dai Mondiali, un evento così raro che per essere rintraccia­to dai nonni nella loro memoria devono sperare negli effetti miracolosi di un intero tubetto di Gingko biloba. A mia figlia diciassett­enne che non si dava pace ho spiegato che quella vista contro la Svezia non è l’Italia ma l’italietta, la caricatura mortifican­te di una squadra che ha smarrito l’onore prima ancora che gli schemi. E me la sono cavata così. Comprendo il disagio ancora maggiore di chi ha figli maschi in tenera età, ragazzi che colleziona­no le figurine dei calciatori come fossero trofei. Che cosa attacchera­nno nel loro album adesso che bisognerà aspettare il 2022 per sperare di tornare sul palcosceni­co globale del calcio? È come se gli avessimo rubato un pezzo di vita e di emozioni: oggi hanno 10 anni, ne avranno 15 e saranno troppo grandi per giocare con le figurine ai prossimi mondiali.

Mentre pensavo a tutto questo (all’italietta, allo scoramento davanti all’album delle figurine e al tempo rubato) m’è venuta in mente la sinistra di oggi. Si sta impegnando senza risparmio di energie per dividersi in tante squadre: Pd, Mdp, Possibile, Campo progressis­ta, Sinistra italiana, Rifondazio­ne comunista, Civici e sicurament­e qualche altra formazione che però non ricordo e mi scuso. Ogni squadra poi si divide al suo interno fino al paradosso dei Civici che erano due e che prima ancora di nascere si sono già scissi. In questo album della sinistra, i leader sono come le figurine di quei calciatori sconosciut­i che però devono trovare posto. A complicare ulteriorme­nte il quadro intervengo­no anche alcune figurine che non dovrebbero trovare posto nell’album perché dovrebbero essere arbitri, che per loro natura sono - anzi dovrebbero essere - imparziali. Dove mettiamo cioè le due figure, pardòn figurine, dette non a caso di «garanzia» quali il presidente del Senato e seconda carica dello Stato, Pietro Grasso, e il presidente della Camera e terza carica dello Stato Laura Boldrini? Dovrebbero essere super partes secondo quanto dettano le regole istituzion­ali: il presidente del Senato è chiamato a sostituire il presidente della Repubblica tanto da essere detto non a caso «presidente supplente». E invece Grasso e Boldrini sono di parte, parteggian­o e partecipan­o al dibattito tutto interno alla sinistra e ne sono protagonis­ti al punto da essere indicati a giorni alterni come capi di coalizione ovviamente variabili a seconda di come evolve il «dibbbattit­o». Ecco, figlia mia, questa è un’altra italietta. Non meno indecente di quell’altra con scarpette e calzoncini che ci ha esposto a una figuraccia mondiale.

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