Il mistero del premier libanese: agli arresti o sotto protezione?
È giallo sulle sorti del primo ministro libanese Saad Hariri, che il 3 novembre è andato in Arabia Saudita, ha annunciato le dimissioni e non è più tornato in Libano. A Beirut si sono moltiplicate le voci su un suo presunto «sequestro» da parte saudita. In un’intervista rilasciata il 12 novembre a Future Tv, la rete del suo partito, Hariri ha cercato di dissipare i dubbi e si è impegnato a ritornare a Beirut «molto presto». Nell’intervista Hariri ha denunciato di nuovo l’interferenza in Libano dell’Iran e del suo alleato Hezbollah, ribadendo che teme per la sua vita. Suo padre Rafik è stato ucciso con un’autobomba il 14 febbraio 2005 probabilmente dai servizi segreti siriani e da Hezbollah. Hariri ( foto) guida un governo di unità nazionale che comprende anche fazioni politiche rivali come il partito sciita. Hassan Nasrallah, leader del Partito di Dio, ha replicato che Hariri è detenuto in Arabia Saudita.
spirale perversa nel polacco medio, paralizzato dall’irrealistico «terrore» di un’invasione degli immigrati e storicamente sospettoso del preteso espansionismo dei vicini russi. Le paranoie hanno monopolizzato l’annuale Festa dell’indipendenza, dominata dall’ultra-destra. L’11 novembre a Varsavia hanno sfilato 60 mila nazionalisti, scandendo slogan antisemiti, anti-islamici e anticomunisti. Per la supremazia della razza bianca e contro il multiculturalismo dell’Europa.
te ha già condannato 45 presunti membri del gruppo islamista a pene che vanno da tre a 31 anni. Altri 468 sospetti sono stati liberati, ma il tribunale ha ordinato di sottoporli a programmi di deradicalizzazione. Circa 20 mila persone sono state uccise nell’insurrezione lanciata otto anni fa da Boko Haram ( foto: il «wanted poster» per la cattura del leader Abubakar Shekau). Secondo il ministro della Giustizia Abubakar Malami, il processo potrebbe durare mesi o addirittura anni.