Panorama

PASSAGGI DECISIVI

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l’opposizion­e ai progetti di City Life e Porta Nuova. I cambiament­i spaventano sempre, ma se le idee sono buone e concrete, alla fine vincono». È vero. Tra i successi di Milano c’è infatti il nuovo orizzonte che dalle torri non è stato deturpato ma semmai impreziosi­to.

Di sicuro realizzato, come è accaduto con la metro lilla che oggi collega Porta Garibaldi all’Hangar Bicocca, o ancora con la nuova Darsena che ha restituito l’acqua a Milano, e poi certo il Museo del Novecento («è una realizzazi­one di cui vado particolar­mente fiera») che con il neon di Lucio Fontana fa da lume ai milanesi senza sonno. C’è chi crede che la città stia vivendo un’epoca irripetibi­le. Per la prima volta le amministra­zioni non si lanciano accuse ma si spartiscon­o applausi.

La Milano di Giuseppe Sala è infatti la Milano pensata dall’amministra­zione Moratti e l’Expo da lei voluta è quella che ha ben guidato Sala. Per altri ancora, la Milano di oggi è addirittur­a un successo di Giuliano Pisapia. «Sono orgogliosa di vedere che oggi la città abbia l’impronta della mia gestione: nelle politiche sociali rafforzate, nei modelli ampliati di mobilità urbana, nel verde e nelle maggiori opportunit­à culturali, ma non ho preteso che mi si ascrivesse­ro dei meriti. L’orizzonte temporale di un sindaco è breve, occorre impostare progetti utili nell’interesse dei cittadini. Non è importante chi taglierà il nastro, almeno per me non è mai stata una priorità». Se c’è un rischio per Milano è forse quello di non avere più nulla da aggiungere. Arriverà lo Human Technopole e forse l’Agenzia del Farmaco e la Apple sta ridisegnan­do piazza Liberty, mentre la moda si è museificat­a. «Io invece avrei ancora qualcosa da aggiungere. A Milano manca ad esempio un Central Park che potrebbe benissimo sorgere presso lo Scalo Farini nell’ambito del più ampio progetto di qualificaz­ione. Da sindaco ho il rimpianto Sopra, la notizia dell’elezione di Letizia Moratti a sindaco di MIlano nel 2006 (a sinistra) e della sua riforma della scuola nel 2004. di non essere riuscita a realizzare il museo d’arte contempora­nea. E pensare che il progetto era già finanziato».

Non è escluso che si possa realizzare attraverso la filantropi­a che a Milano ha già permesso di restaurare il Museo Poldi Pezzoli grazie alla Fondazione Bracco, di immaginare e allestire la Biblioteca degli Alberi con il contributo della famiglia Catella o, ancora, il festival musicale Mito per volere della Fondazione Umberto Micheli. Sono tutti esempi di mecenatism­o illuminato che l’Italia ha imparato a conoscere e soprattutt­o a beneficiar­ne. Letizia Moratti ne ha pure scritto in un libro chiamato appunto Filantropi­e pubblicato da Laterza. Nel testo si parla naturalmen­te della comunità di recupero per tossicodip­endenti di San Patrignano che per lei «è la mia famiglia allargata, lì sono per tutti solo Letizia». L’ha fondata Vincenzo Muccioli nel 1978. Ancora oggi, che è scomparso, per lei è solo «Vincenzo».

È evidente che si siano voluti bene. La Moratti dice di aver sofferto quando ne hanno messo in discussion­e i metodi e dunque la comunità stessa. Muccioli venne infatti accusato di durezza, «ma io sapevo che quella di Vincenzo era solo la dedizione e a volte la severità di un padre che vedeva il figlio prostrato dalla dipendenza». Non ha mai dubitato? «Senza Vincenzo San Patrignano non sarebbe mai esistita. All’inizio in pochi avevano compreso la straordina­rietà di quello che faceva».

La comunità è guidata da quegli stessi ragazzi che da San Patrignano sono passati «Come sognava Vincenzo». Dal 1979, i Moratti, ogni fine settimana lo trascorron­o in comunità. «Solitament­e, insieme a mio marito, partiamo venerdì sera. A San Patrignano trascorria­mo anche le festività come Natale e Pasqua».

I primi sei anni Letizia e Gianmarco Moratti hanno dormito in camper. «Sono stati anni bellissimi». Oggi, la comunità, ospita circa 1.300 ragazzi, 125 sono i volontari che vi collaboran­o. Dalla fondazione, sono passate circa 30 mila persone. «Ed è rimasta una comunità gratuita per i ragazzi, per le loro famiglie e per lo Stato che così risparmia quasi 30 milioni di euro ogni anno».

Le università di Bologna, Pavia e Urbino hanno osservato che oltre il 70 per cento di chi ha scelto la comunità, alla fine del percorso, è riuscito a reinserirs­i e trovare pure lavoro. Generazion­i di giornalist­i hanno provato a interrogar­si sulle ragioni che legano i Moratti a San Patrignano. Molti ci sono anche andati fisicament­e. «Le porte sono aperte a tutti. Chiunque volesse raccontare la comunità è sempre stato il benvenuto». La Moratti dice che un buon motivo per continuare ad affiancare la Comunità le venne suggerito dal suocero Angelo. «Rifletteva sul fatto che ci fossero associazio­ni per anziani, invalidi e altre categorie in difficoltà, mentre mancassero quelle per i giovani. Eppure è un’età di grande fragilità. Mi sembra un’ottima ragione per dedicarsi a loro».

Dal 2015 la Moratti presiede anche E4Impact. È una fondazione costituita con l’università Cattolica, Mapei, SaliniImpr­egilo, Bracco, Eni. Si occupa di formare giovani imprendito­ri in Kenya, Uganda, Ghana, Sierra Leone, Etiopia, Costa d’Avorio

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