Quante sinistre ci sono a sinistra
Spaventato dai sondaggi, Matteo Renzi ha aperto alla coalizione con la sinistra radicale. Ma con quale? Ecco un breve viaggio nel variegato mondo massimalista...
No all’apparentamento tecnico, sì a una vera coalizione». Spaventato dalla serie impressionante di sconfitte elettorali, inchiodato dai sondaggi negativi, mosso dall’istinto di sopravvivenza, lunedì 13 novembre, alla direzione nazionale del Pd, il «riformista» Matteo Renzi si è prodotto in una incredibile svolta proponendo un «progetto vero» di alleanza elettorale anche con la sinistra massimalista.
Certo, molti analisti pensano che quella di Renzi sia una provocazione per svelare le divisioni - tante, troppe - alla sua sinistra. Ma comunque l’annuncio sbatte contro l’intera storia del renzismo. In un colpo solo il segretario del Pd ha: annullato la dottrina della Rottamazione; resuscitato molti vecchi arnesi della politica suoi nemici; affidato la mediazione con loro a Piero Fassino (non proprio un giovincello); rimesso l’idea di fare concorrenza a Silvio Berlusconi sui voti moderati; ipotizzato di mitigare le riforme liberali. Ottenendo in cambio cosa? Una serie imbarazzante di rifiuti.
Non solo. Renzi ha pure aizzato nuovi nemici. Come i presidenti delle due Camere, Pietro Grasso e Laura Boldrini, che pur di attaccarlo hanno dismesso gli abiti istituzionali «super partes» (un fatto mai verificatosi nella storia repubblicana), proponendosi indirettamente, e in competizione tra loro, come leader della sinistra unita. Già, ma quale sinistra? E unita come e quando? Se per Lenin, infatti, l’estremismo era «la malattia giovanile del comunismo», nella vecchiaia è diventata il frazionismo: i tanti capetti di sinistra vanno ognuno per conto proprio e si uniscono soltanto quando hanno un nemico comune. Un tempo era Berlusconi, ora è Renzi. Ma poi? (Carlo Puca)