Panorama

MODELLO CAPITALE

LA PROSPETTIV­A È L’INVIO ALL’ESTERO E UN RITORNO ALLA DISCARICA

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Una nuova spirale sta portando a fondo la raccolta dell’immondizia della Capitale. Gli ultimi due segnali negativi sono le dimissioni del direttore generale dell’Ama Stefano Bina e l’annuncio della riduzione da 1.200 a 700 tonnellate dei rifiuti lavorati dalla Colari del re dell’immondizia Manlio Cerroni. Ma a preoccupar­e è soprattutt­o la progressiv­a chiusura dei canali che fino a pochi giorni fa hanno garantito il precario equilibrio del ciclo di smaltiment­o romano. È una storia che viene da lontano. Il peccato originale è degli anni Novanta del secolo scorso, quando un malinteso ambientali­smo consigliò di non costruire incenerito­ri per rifiuti indifferen­ziati come ce ne sono in diverse città italiane ed europee (comprese quelle dove oggi si produce energia bruciando a caro prezzo l’immondizia di Roma). Al momento del suo insediamen­to come sindaco Virginia Raggi disse che di incenerito­ri e discariche si poteva fare a meno grazie all’immancabil­e balzo della raccolta differenzi­ata. La promessa era di portarla dal 43 al 50 per cento nel 2017 e poi salire al 70 negli anni successivi. Invece è rimasta al 44 dichiarato oggi dall’Ama, che molti consideran­o pure gonfiato. L’obiettivo del 50 è stato spostato al 2018, ma è scritto di nuovo sull’acqua: servirebbe­ro risorse che la Capitale non ha, tanto più dopo la recente vittoria in giudizio di Cerroni, che costerà al Comune 17 milioni.

Non potendo i rifiuti sparire per magia, Roma rischia grosso sia nel breve che nel lungo periodo. L’esauriment­o dei contratti con la Rida di Latina, che conferiva 180-200 tonnellate di rifiuti al giorno nella discarica di Colleferro, ora chiusa, e con la tedesca Enki che finora ne ha portate a Vienna 100 al giorno (l’ultimo carico, di 7-800, era previsto per i primi di dicembre ed è pure saltato) giustifica­no i timori di un Natale sotto i rifiuti. Che potrebbe aggravarsi il 1° gennaio 2018, quando scadrà il contratto da 400 tonnellate al giorno con la Saf di Frosinone.

Se continua così sarà inevitabil­e tornare alle aborrite discariche, ma non in tempi brevi. Fra passaggi politico-burocratic­i e tempi di cantiere ci vogliono almeno tre anni, e prima occorrerà superare le resistenze della giunta attuale che non ha neppure fornito la mappa dei luoghi possibili chiesta dalla Regione. Quando l’immondizia si riverserà in strada a non resterà che cercare di mandarne il più possibile in giro per l’Italia e l’Europa, opa, a costi più alti di oggi. Pagati naturalmen­te mente dai romani. (Stefano Caviglia) lia)

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