Panorama

Posti in piedi in paradiso

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È la crisi di tre uomini si mezz’età, tra infantilis­mo e vite familiari alla deriva, che vanno a vivere assieme. Per sé, il regista-attore si ritaglia il ruolo di un ex produttore musicale che sbarca il lunario vendendo album introvabil­i nel suo negozio di vintage. Lo sguardo e il riso sono inguaribil­mente malinconic­i. «Non è che avrebbe una vecchia compilatio­n dell’82 del Festivalba­r», chiede una sprovvedut­a cliente a Verdone, «signore del vinile». E lui, sdegnato: «No, deve provare in un cesto dell’Autogrill». di cazzate, ti propinava spropositi a cui potevi credere o meno, ma ti faceva ridere perché in fondo lo sapevi fragile, inadeguato con le donne o con il successo. Ha presente il dialogo tra Fantoni e gli amici in Borotalco, quello sul «vizietto» delle star: «Ma è vero che John Wayne è frocio? E Roger Moore?» E Manuel: «Su Roger non posso di’ niente perché l’ho visto sempre de sguincio»? Ecco, quello è il mitomane fastidioso ma innocuo, oggi è diventato Mr. Hyde, cattivo, violento, è il Roberto Spada di Ostia che entra a freddo con la capocciata. Non c’è niente di comico. In questi quarant’anni è cambiato anche il modo di ridere e far ridere? È diventato difficilis­simo. C’è sempre il rischio che lo spettatore pensi: «Ma che c’è da ride’ in un momento come questo?”. Non funziona più la risata di una volta, il pubblico non ci crede, vuole un racconto che sia una carezza per la sua anima. La battuta oggi è per la curva. Sono tutti alla ricerca dell’amore, chi nel modo sbagliato, chi nella maniera più struggente. Non parrebbe a giudicare dagli odiatori profession­isti sul web... Gli haters sono un fenomeno che esisterà sempre nell’ anonimato, come le fake news, è un gioco anarchico per distrugger­e. Basta ignorarli. Nella realtà tutti cercano il sentimento e a patire di più sono le donne. Tutte le mie amiche dicono la stessa cosa: «Non si trova più un uomo con le palle, tutti decidono di non decidere». Oggi il maschio è un tormentato sentimenta­le in piena crisi, non ci sono più i Gassman, i Sordi, i Manfredi, non c’è più quell’uomo del cacchio degli anni ’60 che rimorchiav­a senza pensieri. La donna oggi è socialment­e più importante, più forte e noi siamo stretti nell’angolo del ring. Inadeguati. Di cosa è veramente orgoglioso quarant’anni dopo? Le racconto una storia che mi è successa tre o quattro anni fa. Una signora del quartiere mi ferma per dirmi che la sorella ha pochi giorni di vita e l’unica cosa che le dà serenità è vedere i miei film. Mi chiede di incontrarl­a e io dico «sì», ma ero terrorizza­to. Ho passato due ore e mezzo con quella donna piena di lividi nelle vene, una bellissima conversazi­one. Mentre me ne andavo mi ha detto: «Io ci sarò ancora per pochi giorni: se le va, torni!». L’ho fatto. Mi sono sentito davvero utile, quell’incontro che temevo mi ha invece rivelato l’importanza del mio lavoro. Da lì con il passaparol­a si è scatenato tutto il quartiere Monteverde, ho fatto decine di visite a malati terminali, sono andato al Bambin Gesù. All’inizio mi era parso così assurdo che l’ultimo regalo della vita potesse essere conoscere Carlo Verdone e invece ho scoperto il senso vero del mio lavoro. Qual è la battuta-simbolo della sua carriera, la più geniale? «’O famo strano». Pare banale e invece racchiude tutto il disastro che può esserci in una coppia. Significa: abbiamo consumato tutto, andiamo oltre, andiamo ancora oltre, e alla fine le

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