Panorama

Incendiari­o all’estero e pompiere in casa

L’annuncio di Trump di spostare l’ambasciata a Gerusalemm­e danneggia gli Stati Uniti. Potrebbe invece giovare a lui, perché distrarreb­be l’opinione pubblica dal Russiagate.

- Di Vittorio Emanuele Parsi Ordinario di Relazioni internazio­nali alla Cattolica di Milano

Come era ampiamente prevedibil­e, l’improvvido annuncio di Donald Trump di spostare l’ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemm­e ha generato una serie di conseguenz­e gravi e probabilme­nte durature. Il mondo arabo, e quello musulmano più in generale, si è ricordato di quanto sia dolorosa l’occupazion­e ormai ultraquara­ntennale della parte Est della città («santa» per tutte le religioni abramitich­e) da parte dell’esercito israeliano. Si tratta di una questione incandesce­nte, consideran­do che da molti anni gli israeliani l’hanno unilateral­mente dichiarata loro «capitale eterna e indivisibi­le», in ciò chiarendo che non saranno mai disposti a riconoscer­ne un diverso statuto o a liberare la parte orientale (al cui interno ricade quasi per intero la città vecchia con i suoi luoghi sacri).

Anche Paesi che con Israele hanno firmato trattati di pace (come Egitto e Giordania) o che con gli israeliani condividon­o l’odio mortale per la Repubblica islamica dell’Iran (come l’Arabia Saudita) hanno protestato con fermezza, non potendo che assecondar­e la rabbia delle proprie opinioni pubbliche di fronte al riconoscim­ento formale da parte americana di quella che resta una violazione delle Risoluzion­i del Consiglio di sicurezza dell’Onu, di cui gli Stati Uniti sono membro permanente.

Come hanno sottolinea­to praticamen­te tutti gli osservator­i, la decisione della Casa Bianca viola le decisioni delle Nazioni Unite in maniera tanto radicale quanto irrituale, perché questa volta gli americani non si limitano a sospendere l’attuazione pratica di una risoluzion­e contraria agli interessi del loro alleato israeliano, ma sempliceme­nte ne negano ogni validità. È un fatto grave, che ha prodotto l’immediata lacerazion­e in Consiglio di sicurezza non solo con Russia e Cina, ma anche e soprattutt­o con Gran Bretagna, Francia, Svezia e Italia: cioè con tutti gli alleati europei.

Che l’annuncio del presidente possa essere un «contributo alla pace in Medio Oriente» lo si può sostenere e solo a condizione di ignorare la storia della la regione o se animati da «furore ideologico». co». Ovvero se per pace si intende l’incontrast­ata astata egemonia israeliana nell’area: e in questo senso si comprendon­o le festose reazioni ioni israeliane alla decisione Usa. Ma che cos’avevano os’avevano da guadagnare Trump e l’America ca da questo passo? Qui credo occorra tenere ere ben distinti gli interessi nazionali americani mericani da quelli dell’attuale inquilino no della Casa Bianca.

Gli Stati Uniti ci hanno solo rimesso. Rischiano di vedere re definitiva­mente compromess­o il loro ruolo di «mediatori» del cosiddetto ddetto processo di pace. Hanno fatto tto un favore al regime iraniano e al presidente turco Recep Tayyip Erdogan, rdogan, a Hezbollah e a Hamas (e in generale a tutti gli estremisti dell’area). a). Hanno rinfocolat­o l’antiameric­anismo o diffuso nella regione (come se ce ne fosse sse bisogno). Hanno ulteriorme­nte allargato o il fossato che si sta scavando nell’Atlantico. co. Ma soprattutt­o hanno fatto uno straordina­rio dinario regalo a Vladimir Putin, investendo o la Russia del

Il presidente russo Vladimir Putin.

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