Incendiario all’estero e pompiere in casa
L’annuncio di Trump di spostare l’ambasciata a Gerusalemme danneggia gli Stati Uniti. Potrebbe invece giovare a lui, perché distrarrebbe l’opinione pubblica dal Russiagate.
Come era ampiamente prevedibile, l’improvvido annuncio di Donald Trump di spostare l’ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme ha generato una serie di conseguenze gravi e probabilmente durature. Il mondo arabo, e quello musulmano più in generale, si è ricordato di quanto sia dolorosa l’occupazione ormai ultraquarantennale della parte Est della città («santa» per tutte le religioni abramitiche) da parte dell’esercito israeliano. Si tratta di una questione incandescente, considerando che da molti anni gli israeliani l’hanno unilateralmente dichiarata loro «capitale eterna e indivisibile», in ciò chiarendo che non saranno mai disposti a riconoscerne un diverso statuto o a liberare la parte orientale (al cui interno ricade quasi per intero la città vecchia con i suoi luoghi sacri).
Anche Paesi che con Israele hanno firmato trattati di pace (come Egitto e Giordania) o che con gli israeliani condividono l’odio mortale per la Repubblica islamica dell’Iran (come l’Arabia Saudita) hanno protestato con fermezza, non potendo che assecondare la rabbia delle proprie opinioni pubbliche di fronte al riconoscimento formale da parte americana di quella che resta una violazione delle Risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell’Onu, di cui gli Stati Uniti sono membro permanente.
Come hanno sottolineato praticamente tutti gli osservatori, la decisione della Casa Bianca viola le decisioni delle Nazioni Unite in maniera tanto radicale quanto irrituale, perché questa volta gli americani non si limitano a sospendere l’attuazione pratica di una risoluzione contraria agli interessi del loro alleato israeliano, ma semplicemente ne negano ogni validità. È un fatto grave, che ha prodotto l’immediata lacerazione in Consiglio di sicurezza non solo con Russia e Cina, ma anche e soprattutto con Gran Bretagna, Francia, Svezia e Italia: cioè con tutti gli alleati europei.
Che l’annuncio del presidente possa essere un «contributo alla pace in Medio Oriente» lo si può sostenere e solo a condizione di ignorare la storia della la regione o se animati da «furore ideologico». co». Ovvero se per pace si intende l’incontrastata astata egemonia israeliana nell’area: e in questo senso si comprendono le festose reazioni ioni israeliane alla decisione Usa. Ma che cos’avevano os’avevano da guadagnare Trump e l’America ca da questo passo? Qui credo occorra tenere ere ben distinti gli interessi nazionali americani mericani da quelli dell’attuale inquilino no della Casa Bianca.
Gli Stati Uniti ci hanno solo rimesso. Rischiano di vedere re definitivamente compromesso il loro ruolo di «mediatori» del cosiddetto ddetto processo di pace. Hanno fatto tto un favore al regime iraniano e al presidente turco Recep Tayyip Erdogan, rdogan, a Hezbollah e a Hamas (e in generale a tutti gli estremisti dell’area). a). Hanno rinfocolato l’antiamericanismo o diffuso nella regione (come se ce ne fosse sse bisogno). Hanno ulteriormente allargato o il fossato che si sta scavando nell’Atlantico. co. Ma soprattutto hanno fatto uno straordinario dinario regalo a Vladimir Putin, investendo o la Russia del
Il presidente russo Vladimir Putin.