Panorama

Caso Regeni, la casta dei prof

Per difendere Cambridge e la tutor del giovane ricercator­e friulano trucidato al Cairo sono scesi in campo 334 accademici di mezzo mondo. Ecco chi sono.

- (Fausto Biloslavo)

La lunga lista è composta da attivisti contro il governo del Cairo come Anne Alexander, docenti chiarissim­i vicini alla Quarta internazio­nale del calibro di Gilbert Achcar, ma anche ricercator­i messi a bando da Israele e universita­ri italiani coinvolti nella stessa inchiesta sul caso Regeni. Ben 334 accademici di mezzo mondo hanno firmato una petizione che difende strenuamen­te Maha Abdelrahma­n, la reticente tutor di Giulio Regeni. Nel mirino dei firmatari il quotidiano La Repubblica, colpevole di essersi accorto che una delle verità della tragedia del ricercator­e brutalment­e ucciso al Cairo nel gennaio 2016 si incentra sull’ambiguo comportame­nto dei professori di Cambridge. La petizione, pubblicata dal quotidiano inglese The Guardian, è firmata da 86 fra docenti, ricercator­i, dottorandi e studenti di Cambridge e da 72 universita­ri italiani.

La notizia in Italia è passata sotto silenzio, nonostante l’annuncio del ministro degli Esteri Angelino Alfano, per cui la magistratu­ra britannica ha «accettato l’ordine di investigaz­ione europeo» sulla pista di Cambridge. Stavolta la tutor di Regeni non potrà sfuggire alle domande della Procura di Roma, che conduce l’inchiesta sulla morte del ricercator­e. La docente ha già fatto sapere che si trova in Australia e accetterà di farsi interrogar­e a gennaio. Nel frattempo i suoi colleghi provvedono a difenderla dai dubbi sul ruolo ricoperto nel caso Regeni (peraltro, sollevati da Panorama fin dall’inizio). Ma per la prima volta, nel testo della petizione, il fronte filo-Cambridge ammette che «al momento della scomparsa di Giulio, l’esito più eclatante che un ricercator­e straniero potesse temere era l’espulsione». In pratica, si sapeva che esisteva un rischio e che altri studenti, pure di Cambridge, se l’erano vista brutta. Consideraz­ioni che non hanno impedito a Cambridge di mandare Regeni al Cairo a indagare sui sindacati degli ambulanti, tema sensibilis­simo e sotto i radar della sicurezza egiziana. La seconda firmataria della petizione è Anne Alexander, docente di Cambridge sodale della tutor di Regeni. Nota attivista di estrema sinistra, filo Fratelli musulmani, quando Regeni era al Cairo (grazie anche ai suoi contatti), organizzav­a a Londra proteste di piazza contro la visita del presidente egiziano Abd Al Fattah Al Sisi, bollandolo come «un killer».

Un altro firmatario è Gilbert Achcar, pezzo grosso dell’università Soas di Londra, politicame­nte vicino alla Quarta internazio­nale e strenuo sostenitor­e delle primavere arabe. Nel 2008 in Italia aveva firmato un appello anti-Berlusconi a favore di Sinistra critica, a fianco a personaggi come Noam

Chomsky. Un altro firmatario, Adam Hanieh della Soas, è stato respinto nel 2016 all’aeroporto di Tel Aviv con il divieto di entrare in Israele per i prossimi 10 anni. Fra i 72 italiani si trova di tutto. C’è Andrea Teti, che scrive contro Al Sisi sul portale Open society (appoggiato da George Soros) e ritwitta contro i ministri italiani che stringono la mano al presidente egiziano. Ma c’è anche Francesco Correale, che lavora al Centro nazionale per la ricerca scientific­a in Francia e usa come foto della copertina Facebook lo slogan «Verità per Giulio Regeni» con la moschea di Al Aqsa a Gerusalemm­e e la bandiera palestines­e (iconografi­a che nulla ha a che vedere con il caso).

Fra i firmatari si trova pure il candidato al PhD Francesco Amoroso: su Twitter pubblicò la foto dei capi di Stato che sfilarono a Parigi dopo la strage di Charlie Hedbo, scrivendo che «la loro brutalità è la madre di tutte le brutalità - #JeNeSuisPa­sCharlie». All’appello non poteva mancare Giuseppe Acconcia, arrestato nel 2011 in piazza Tahrir e accusato di essere un attivista vicino ai Fratelli musulmani (la famiglia Regeni gli ha intimato di non realizzare più iniziative a nome di Giulio). Ma si trova pure Gennaro Gervasio, coinvolto come testimone nell’inchiesta su Regeni, che scrive sul Manifesto senza nascondere la sua opposizion­e al regime di Al Sisi. Gervasio, che viveva al Cairo, fu l’ultima persona a sentire Regeni prima della sparizione e la prima a dare l’allarme. Filippo Zerilli, dell’Università di Cagliari, ha invece un debole per le petizioni. L’anno scorso aveva firmato per difendere una studentess­a universita­ria condannata a Torino a due mesi di carcere per la tesi «Ora e sempre No Tav», realizzata partecipan­do ai campi e alle dimostrazi­oni violente in Valsusa.

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Gilbert Achcar, docente di Relazioni internazio­nali alla Soas di Londra, che aderisce alla Quarta internazio­nale.
 ??  ?? In alto, a sinistra: la pagina Facebook del ricercator­e italiano in Francia Francesco Correale, che ha aggiunto allo slogan «Verità per Giulio Regeni» la bandiera palestines­e e la cupola della moschea di Al Aqsa a Gerusalemm­e. Qui sopra, Adam Hanie,...
In alto, a sinistra: la pagina Facebook del ricercator­e italiano in Francia Francesco Correale, che ha aggiunto allo slogan «Verità per Giulio Regeni» la bandiera palestines­e e la cupola della moschea di Al Aqsa a Gerusalemm­e. Qui sopra, Adam Hanie,...
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