Come chiudere l’anno nero dei Carabinieri
Gentiloni dispone la successione al comandante generale. Ma l’uscita di Del Sette non basterà a rimettere le cose a posto.
Indagini, scandali e veleni. Tra presunti stupri e bandiere neonaziste, l’annus horribilis della Benemerita non poteva che finire male: la Procura di Roma ha chiesto un anno di sospensione per il maggiore dei carabinieri Gianpaolo Scafarto e il colonnello Alessandro Sessa, gli ex ufficiali del Noe accusati di aver manomesso WhatsApp per depistare le indagini sulla fuga di notizie sull’inchiesta Consip. Un’inchiesta, questa, che continua (e continuerà) a far discutere: i pm hanno appena interrogato a Roma l’ex comandante della Legione Toscana Emanuele Saltalamacchia, che Matteo Renzi, nella primavera del 2016, aveva persino immaginato di piazzare a capo dei Servizi. Saltalamacchia, che guida i Carabinieri al ministero degli Esteri, è alle prese oggi con le accuse di favoreggiamento e violazione del segreto istruttorio.
Tra l’altro, l’annunciata uscita di scena del comandante generale dell’Arma dei Carabinieri, Tullio Del Sette, non basterà a rimettere le cose al loro posto. Il corpo «nei secoli fedele» vive infatti una crisi strutturale senza precedenti. Le questioni aperte sono numerose e preoccupanti. Per prima cosa, il nuovo comandante dell’Arma dovrà ricompattare il corpo, restituire serenità a un’istituzione che nell’ultimo anno soprattutto ha perso ai livelli alti la sua proverbiale capacità di non farsi contaminare dai giochi della politica e resistere al richiamo interessato delle sirene del «palazzo». Sarà poi fondamentale ricondurre al suo ruolo la rappresentanza di Cobar, Coir e Cocer: i 450 rappresentanti «sindacali», da tempo, hanno assunto un ruolo eccessivamente invasivo sconosciuto altrove (vedi Guardia di Finanza o Esercito), hanno tracimato dalle loro competenze finendo così per minare la credibilità della scala gerarchica. Il nuovo Comandante avrà il suo bel daffare anche per stabilire, o meglio ristabilire, da una parte un meccanismo di controlli interno efficace (i casi delle indagini sul Noe o di Firenze parlano da soli) e dall’altro un metodo certo per concedere gradi e promozioni o disporre trasferimenti. Un esempio? Decidere se assegnare o meno le due stelle (quelle dei generali di divisione) ad Antonio Bacile e allo stesso Saltalamacchia, quest’ultimo co-indagato di Tullio Del Sette nell’inchiesta Consip.
Non sono isolati, inoltre, i casi di avanzamenti avulsi da meccanismi consolidati o di trasferimenti dopo pochi mesi - ci sono situazioni limite di alti comandi come l’interregionale di Messina dove in due anni sono arrivati tre generali, o quello della Brigata mobile dove in 12 mesi ci sono stati tre avvicendamenti - che hanno mandato in crisi la catena di comando. Rimane caldissimo il fronte delle dotazioni, ormai al minimo: la Benemerita spera in un piano che possa garantire ad esempio l’aggiornamento dei sistemi informatici, il ricambio degli automezzi e la sistemazione di molte caserme. Il 2018 inizia in salita tra l’altro con diversi milioni di debiti da saldare per fatture energetiche, missioni del personale, lavori infrastrutturali. A molti sembra dunque paradossale che, in una situazione del genere, l’Arma sia particolarmente attiva con missioni di addestramento all’estero quando ci sono difficoltà a garantire l’addestramento del personale in Italia. La nomina del nuovo comandante sarebbe dovuta avvenire a metà gennaio. Ma il governo ha deciso di bruciare le tappe: l’ultima parola ce l’ha il premier Paolo Gentiloni. Il quale, per una volta, anziché seguire le indicazioni del suo tutore Renzi, ha preferito assecondare il presidente della Repubblica Sergio Mattarella: anche perché ex ministro della Difesa, il capo dello Stato ha seguito e segue le vicenda dei carabinieri con particolare attenzione istituzionale. (Francesco Bisozzi)