«Sterminano gli elefanti e vogliono morti anche noi»
In Africa, Krissie Clarke ha preso il posto del carismatico ambientalista Wayne Lotter, ucciso in un agguato l’agosto scorso. Anche lei, come lui, rischia la vita. A Panorama dice: «I bracconieri non mi spaventano, continuerò a dar loro la caccia».
C’è un’immagine in cui lui è di spalle: alto e robusto cammina in mezzo a un piccolo fiume nel parco del Serengeti. In un’altra e accanto a un giovane scout locale, di quelli che l’hanno affiancato nella sua lotta ai bracconieri che sterminano gli elefanti. Ancora un’istantanea dalla sua fotostoria: sta sorvolando la savana su un ultraleggero e, ai comandi, c’è colei che oggi è diventata sua erede operativa nella Pams foundation. E poi, l’ultima immagine: se ne sta seduto su un seggiolino da campo, in una radura nel «bush» a fine giornata, il portatile sulle ginocchia, le infradito ai piedi e sorride. Però è da solo: un presagio. Krissie Clarke, la pilota del velivolo nella foto di questa pagina, dice oggi a Panorama: «Non s’incontrano molte persone capaci d’illuminare la vita degli altri con la competenza e la tenacia. Ma anche con la leggerezza, saper lavorare duro divertendo e divertendosi. Questo è stato Wayne Lotter per noi è della Pams Foundation».
Perché quest’uomo da prima linea e al tempo stesso profeta contro il traffico d’avorio in Africa, è stato ucciso a 51 anni il 16 agosto scorso, mentre era su un taxi a Dar es Saalam, la metropoli della Tanzania. Due sconosciuti hanno aperto lo sportello e gli hanno sparato due colpi di pistola. È morto così uno dei più importanti ecologisti nel continente africano, che con la sua «ong», la Pams appunto, ha collaborato con le autorità tanzaniane facendo catturare duemila criminali, tra bracconieri e trafficanti. Ha contribuito soprattutto a fermare la strage che, solo nello Stato africano dell’est, dal 2009 al 2014 ha ridotto la popolazione degli elefanti del 60 per cento, da 109 mila a meno di 45 mila esemplari. Adesso a rimpiangere il suo esempio e a dirigere l’organizzazione dalla città di Arusha, nel centro del Paese, tocca a lei: Krissie Clarke sudafricana come Lotter, impegnata nella conservazione dal 2007. Una tipica nativa bianca di 40 anni, che ama totalmente il luogo di bellezza e contraddizioni drammatiche dov’è venuta al mondo. Idealista e concreta: «Sono abituata a risolvere i problemi da sola. Sì, posso far volare un aereo, ma a me in realtà piace restare dietro le quinte», si schermisce. Eppure anche se non è facile parlarci, impegnata com’è tra una missione e l’altra, ha leader- ship ed è un’organizzatrice formidabile. «Non ho figli e direi che sono sposata col mio lavoro... In Tanzania abbiamo vari progetti tra i parchi di Ruvuma, Tarangire e lago Manyara. Facciamo sorveglianza aerea dei territori e ci prendiamo cura di circa 32 mila elefanti e dell’ambiente e della fauna che vive intorno a loro. È importante coinvolgere le comunità locali nel contrasto del bracconaggio. È grazie alle informazioni che ci hanno fornito, spesso a rischio della vita, che abbiamo potuto segnalare alla National task force anti-poaching due supertrafficanti come la Regina dell’avorio e il Diavolo».
La prima è Yang Feng Glan, una compassata signora cinese arrestata nel 2015, che gestiva le spedizioni con Pechino ed è stata trovata in possesso di 706 zanne di elefante per 1,9 tonnellate di avorio del valore di 2,5 milioni di dollari. Il secondo, Shetani ovvero il diavolo in lingua swahili, un tanzaniano di 47 anni, è stato accusato dell’abbattimento di migliaia di elefanti. Gli sono state sequestrate 118 zanne e, nel marzo scorso, è stato condannato a 12 anni di carcere.
A fronte di questi fermi clamorosi, continua in tutta l’Africa il contrasto al traffico illegale che coinvolge la criminalità, ma anche gruppi terroristi che con esso si finanziano. Le immagini del massacro dei grandi mammiferi che mostra Krissie Clarke dal suo archivio sono crude e non possono lasciare indifferenti. Prive tutte delle zanne, le carcasse dei pachidermi simbolo del continente, sono abbandonate sull’erba gialla della savana, fatte a pezzi, svuotate come sacchi vuoti a coprire le grandi ossa che si contendono gli avvoltoi.
«Quand’ero piccola i miei mi portavano nei parchi del Sudafrica e il mio amore è nato lì», racconta la direttrice di Pams. «Gli elefanti erano immensi e però io sentivo questa necessità di proteggerli. Ho studiato biologia ma poi cercavo un luogo dove fare la differenza. E l’ho trovato in Tanzania. Qui poi, nel 2009, ho conosciuto Wayne…». Quando parla del suo «capo», la voce s’incrina ancora. «Era instancabile nel lavoro, capace di insegnare e motivare gli altri e con questo senso dello humour contagioso che sdrammatizzava tutto, anche quando non arrivavano finanziamenti o c’erano difficoltà con il potere pubblico». Chiederle come stanno vivendo il loro dramma la moglie di Lotter, Inge, e le figlie è inutile: «No comment». Krissie le protegge dai media. Ma poi si rilassa e aggiunge: «Le indagine sull’omicidio di Wayne stanno procedendo e credo che si riuscirà presto ad arrestare i colpevoli».
Oggi la Tanzania, data la ricchezza della sua
fauna, è il «fronte» dell’Africa su cui si combatte una battaglia di conservazione ecologica decisivo. Non a caso nell’ultimo decennio sono morti un migliaio di ranger. Aggiunge Krissie Clarke: «Non ci sono solo gli elefanti da preservare. Corrono gravi rischi le giraffe – che da 140 mila sono scese a 80 mila, ma anche i leoni per la loro pelliccia come trofeo e il piccolo pangolino per la sua corazza. L’aumento della popolazione e la diminuzione dello spazio vitale per gli animali selvatici sono i principali rischi. Per questo facciamo educazione ambientale in 17 scuole superiori: portiamo ragazzi che non sono mai usciti dal loro villaggio o dalla città a vedere elefanti e leoni; una coscienza ecologica soprattutto fra i giovani si sta diffondendo».
A giorni lei ripartirà per il «bush». Un tour tra i vari progetti di Pams che la terrà lontano dalla base un paio di mesi. «Eppure non mi pesa la lontananza, né ho paura. Perché cerchiamo sempre di essere in buoni rapporti con le persone che vivono nell’area dove operiamo. E mi sento al sicuro. Mi sento viva quando sto in mezzo alla natura. Non ho nostalgia dell’aperitivo in un cocktail bar in città. Preferisco una birra bevuta davanti a un tramonto, col sottofondo del ruggito di un leone…».
Anche se in Tanzania è stato bloccato il 65 per cento del bracconaggio, la strada del lavoro di Krissie è lunga e incerta. La Cina e soprattutto gli Stati Uniti sono i principali mercati dove si continua a comprare avorio africano. Nell’Ivory game, come dice il titolo del docu-film sul traffico di zanne prodotto da Leonardo DiCaprio, le quotazioni del materiale sono scese ma sono ancora alte: erano 1.700 dollari al chilo nel 2014 e 730 dollari, oggi. «Per questo Paese sono abbastanza ottimista» dice ancora la conservazionista «ma altrove, in Congo, Repubblica Centrafricana o Camerun, gli elefanti vengono decimati. Meno di 50 anni fa in Africa ne vivevano un milione e 300 mila. Nel 2017 se ne stimano circa 320 mila. Eppure basta osservarli una volta da vicino: si capisce subito il perché del loro fascino. I legami sociali complessi, la solidarietà, la forza di una famiglia. Dobbiamo ancora imparare tutto da loro».