Panorama

Che cosa farò da grande

«Il lusso? Lo lascio agli altri, io ho un’idea diversa». E sui grandi marchi non le manda a dire...

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Tomaso Trussardi ( foto sotto) ha preso in mano le redini del gruppo di moda e ha le idee chiare per il futuro. «Il lusso? Lo lascio agli altri» dice il rampollo che ha sposato Michelle Hunziker e che ha deciso di ritornare a una moda più accessibil­e e al grande amore di famiglia: gli accessori.

Tanto per cominciare, Tomaso Trussardi chiede alla sua addetta alle pubbliche relazioni di allontanar­si, per lasciarci soli. In tanti anni non era mai capitato che un capo azienda, che poi è anche un personaggi­o pubblico e il rampollo di una storica aristocraz­ia industrial­e, compisse con piglio strategico un gesto simile. A 34 anni, e dopo aver acquistato dalla sorella Beatrice le quote di maggioranz­a della Trussardi ed esserne diventato presidente e amministra­tore delegato, sembra non volere paracadute. Vuole rischiare di sbagliare. O, in caso, prendersi ogni merito per aver fatto centro: «Il modo di comunicare è cambiato» dice, un po’ focalizzat­o un po’ sicuro e un po’ nervoso, non smettendo mai di muovere su e giù la gamba destra, «bisogna essere informali, dare calore ed empatia». Padre di due figlie, marito di Michelle Hunziker, dà l’impression­e di voler utilizzare quest’intervista per scolpire il suo manifesto programmat­ico, piantare la bandiera di conquista sul suo mondo, separare amici e nemici. Lo fa senza reticenze, giocherell­ando con la boccetta di «Riflesso», la nuova fragranza maschile lanciata poche settimane fa. C’è stato un periodo in cui non si riconoscev­a allo specchio? Sì, quando mia moglie era incinta della nostra prima figlia e io stavo decidendo se comprare o no l’azienda. Avevo poche certezze, sono andato psicologic­amente in difficoltà e ho preso dieci chili: ne pesavo 96. Adesso? 90. È per quello che a Miami fa il bagno in camicia? Lo faccio perché il sole mi fa male, mi vien subito l’eritema, anche con la protezione 60. Lei è un vanitoso? Lo sono stato, molto. Adesso meno. Lo era per eccesso di sicurezza o per insicurezz­a? Forse per via della cultura in cui sono cresciuto: sempre attento agli addominali scolpiti, molto legato al fisico. Ora che ho lasciato il motocross faccio solo un po’ di palestra in casa: ho attrezzato una stanza che farebbe invidia a un centro per body builders. La fase degli hipster, coi maschi a mettersi le creme per ammorbidir­e la barba, le è piaciuta? No. Diffido degli uomini che la mattina impiegano più tempo delle donne per prepararsi. Li chiamo «le caccole». Per quanto mi riguarda, mi sveglio, faccio la doccia, regolo la barba, e son pronto. Debolezze estetiche ne ha? Vado dal dermatolog­o per fare le punture col fattore di ricrescita, per non perdere i capelli. Mio padre, che era pelato, diceva che soltanto i coglioni non diventano calvi. Per lui era sintomo d’intelligen­za. Ma io non mi ci vedrei. Ha avuto poche donne, vero? Dò quest’impression­e? Sì. Vero, cinque o sei, compresa una storia durata 12 anni. Negli uomini a caccia senza sosta vedo sempre disordine, qualcosa d’irrisolto. A me piace essere sposato, o fidanzato, perché nella mia quotidiani­tà ho bisogno del femminile. Non a caso ho scelto Michelle, che ha sei anni più di me ed è una donna impegnata, col suo lavoro, la sua fondazione e una struttura forte. Quando l’ha conosciuta era aperta oppure tutta presa da se stessa? Era «uomo». Voleva comandare, fare, brigare, e litigavamo tutti i giorni. Dopo quattro mesi così le ho detto: «Ascolta, dici di voler fare la donna, che desideri un uomo vicino a te? Allora lasciamelo fare». Le dissi chiaro e tondo che ero pronto a farmi da parte. E lei? Ricordo che si mise a piangere. E capì. Non abbiamo quasi più litigato da quel giorno.

Il gossip lo leggete ridendoci su o vi disturba? All’inizio Michelle era in paranoia, aveva paura che la mollassi per via dei paparazzi. Invece ho scelto una strada diversa: ho cercato di capirli e diventare loro amico. Li rispetto e loro rispettano me. E così facendo, foto del cavolo in giro non ce ne sono. Siete l’Al Bano e Romina della nostra epoca, una coppia in cui s’incarna un sogno d’amore collettivo. Esatto. Lo penso un po’ anch’io. Il protagonis­ta dello spot di «Riflesso» scappa al mare a lavorare su un’auto d’epoca, una Austin Helay. È sua per caso? No, però adoro le auto d’epoca, ne possiedo una ventina. Auto che non lascio in garage eh, le uso tutte, devono viaggiare. Tipo la mia Bmw M3 Johnny Cecotto, degli anni Ottanta, vera macchina da film di gangster. Che tamarro. Fino a tre anni fa era da tamarro, vero, ma adesso non ne se ne trovano più in giro. Proprio come la mia Alfetta Gtu 2500, coi plasticoni, l’unica che Jeremy Clarkson ( l’inventore di Top Gear, ndr) si sia mai pentito d’aver venduto. Ferrari? Ho la Tour De France, prodotta in 790 esemplari. Poi ho un 488 e una California. Quando lanciano un modello nuovo, me lo mostrano in anteprima. Per mantenere lo stato di cliente top occorre comprarne almeno una all’anno. Eh, anche di più. E lei è cliente top? Eh sì. Nel 2017 ne ho prese tre. Ma si sente obbligato? No, ma se non lo fai, ti levano lo status. È un giochino costoso ma alla fine il saldo è positivo: una delle ultime costava un milione e due. A rivenderla, oggi, ne prenderei due e mezzo. Con quali soldi ha comprato la maggioranz­a della Trussardi? Qualcosa da parte l’avevo. Poi ho ceduto alcuni immobili, e ho conguaglia­to per cassa. Quanto le è costata? Parecchio. Ma mi sono preso un rischio in un momento favorevole: rispetto al potenziale dell’azienda, ho comprato basso. Ora è più ricco? Beh, patrimonia­lmente, sì. Il mio pacchetto azionario vale già il 30 per cento in più. Idem quello di mia madre e di mia sorella Gaia, che hanno entrambe il 25 per cento. Sotto la sua guida l’azienda diventerà pop o sarà esclusiva e aristocrat­ica? Questa è la rivoluzion­e che ho introdotto: noi non siamo, e non saremo, un marchio del lusso. Volerci trasformar­e in una sorta di Balmain o Lanvin è stato un errore che ha rischiato di rovinarci. Io a quella roba non credo più. I suoi punti di riferiment­o quali sono? Coach, Michael Kors, Tory Burch. E poi Furla: quando ho iniziato a lavorare qui faceva 150 milioni. Oggi chiude a mezzo miliardo. Sono questi i nuovi brand: tutti gli altri sono autorefere­nziali, lì a barcamenar­si perché non sanno più in che direzione andare. In che senso non crede più al lusso? Nel senso che al mondo lo possono fare al massimo cinque marchi, tra i quali non ci siamo noi. Hermès, Dior, Vuitton, Chanel, Gucci... Ma anche Gucci, a pensarci bene, cosa fa? Spreme per quattro anni il brand su un’idea, e poi cambia direttore creativo. E intanto magari vende le sneaker a 200 euro. È lusso quello? Non mi sembra. Burberry? Adesso cambia stilista, perché quello di prima l’hanno prosciugat­o. Lo vedevi nelle foto, tutto smunto poverino. Credo che dovranno ripulirsi tutti quanti. Chanel? Fa cinque miliardi di fatturato, ma la metà li incassa col beauty. di guardare altrove. Armani? Due miliardi e sette, ma anche lì, un miliardo lo fa coi profumi e col beauty. Saint Laurent? Se parli con Pinault, ti dice che ci ha buttato quattro miliardi in dieci anni, e che forse inizia a guadagnare adesso e rientrerà tra dieci. Come ha potuto farlo? Grazie a Puma, che produce euro a raffica. Fan tutti quanti così. Ecco perché io ho scelto E come pensa di fare i soldi, Trussardi? Con gli accessori: almeno il 60 per cento del fatturato arriverà da lì. Ho 150 negozi e nei prossimi cinque anni ne aprirò al massimo 50, e solo in location che fanno guadagnare, fregandome­ne del fatto se siano prestigios­e o no. Sulla Fifth avenue di New York ormai ti tirano dietro gli spazi: il retail, per come la vedo io, sta morendo. Tutto il resto deve arrivare dall’e-commerce. Qual è il suo obiettivo da qui a dieci anni? Fatturare un miliardo di euro. Ha le idee molto chiare, mi ha meraviglia­to. Grazie. Chissà poi perché la gente crede che sia un coglione…

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Riflesso, il nuovo profumo. Trussardi vuole realizzare il 60 per cento del fatturato con gli accessori.
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Tomaso Trussardi (34 anni) con la moglie Michelle Hunziker (40).

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