Panorama

Rai, lo strapotere dei soliti noti

Il Pd litiga sui conflitti d’interesse di artisti e produttori. Chi li rappresent­a, intanto, fa affari.

- (Antonella Piperno)

Ricordate la risoluzion­e contro lo strapotere degli agenti che, votata a settembre all’unanimità in commission­e di Vigilanza Rai, imponeva alla Rai di cambiare marcia entro 90 giorni? I tre mesi sono scaduti il 26 dicembre, in Rai non si è mosso nulla e il deputato pd Michele Anzaldi, che l’ha scritta, sta facendo fuoco e fiamme perché venga applicata. Ma per la Rai e per un altro pezzo di Pd non è più valida. Superata, sostengono, dal decreto legislativ­o del 7 dicembre scorso sulla legge di riforma del cinema e dell’audiovisiv­o con il quale il governo ha affidato all’Agcom il compito di adottare regolament­i che vigilino (in tutte le tv e non solo in Rai) su conflitti di interessi e agenti che dettano legge. In attesa delle nuove direttive, dicono, tutto può restare come prima.

Ma andiamo con ordine: i punti forti della risoluzion­e della Vigilanza consisteva­no nel divieto di contrattua­lizzare più di tre artisti dello stesso agente in un programma A sinistra, il conduttore Fabio Fazio. A destra il Pd Michele Anzaldi, segretario della Vigilanza Rai. nonché quello di affidarne la produzione a società che fanno capo ad artisti coinvolti nella trasmissio­ne, come Fabio Fazio e la sua Officina. Scaduti i tre mesi nulla è cambiato: il conduttore di Che tempo che fa non ha affatto ceduto le quote della sua società, come Anzaldi avrebbe sperato. E gli agenti? Sempre superpoten­ti: a Roberto Bolle danza con me, campione di ascolti su Raiuno, Beppe Caschetto ha piazzato quattro suoi artisti (Virginia Raffaele, Pif, Geppi Cucciari e Miriam Leone) e due autori.

Secondo Anzaldi la Rai, che in cda ha appena dato il via libera al Contratto di servizio, è in torto: tanto che ha appena scritto una lettera alla Corte dei conti in cui si evidenzia che eliminando il quasi monopolio di certi agenti il servizio pubblico risparmier­ebbe, parla di danno erariale e chiede di avviare una verifica sul rispetto della risoluzion­e. La Rai la vede diversamen­te, e con lei un pezzo del Pd rappresent­ato al governo dal sottosegre­tario alle Comunicazi­oni Antonello Giacomelli e in Vigilanza da Salvatore Margiotta, da sempre convinti che applicare il regolament­o alla sola tv pubblica la metterebbe in posizione di debolezza. La risoluzion­e sarebbe stata di fatto silenziata dal decreto legislativ­o, atto decisament­e più potente: se la Rai applicasse le regole della Vigilanza, fanno sapere da viale Mazzini, disobbedir­ebbe al decreto. Ma Anzaldi insiste: «La commission­e parlamenta­re di Vigilanza si occupa della tv pubblica e non delle altre» chiarisce a Panorama « non vedo perché nell’attesa di un regolament­o dell’Agcom la Rai non debba intanto mettersi in regola. Mi pare che qualcuno voglia buttare il pallone in tribuna in attesa di un nuovo parlamento». Ora la parola passa alla Corte dei conti.

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