Quella trappola mortale che ha inghiottito Regeni
A portare il giovane ricercatore friulano in un terreno minato è stato il comportamento spregiudicato, ambiguo e reticente delle sue due tutor: e
Giulio Regeni è finito in una trappola con molti attori, dal Cairo a Cambridge, e con l’esca del finanziamento di una fondazione inglese (suggerito ma mai richiesto) che lo ha portato a una fine orribile. I nomi di una decina di membri delle forze di sicurezza egiziane PR coinvolti in questa terribile storia sono stati individuati dall’inchiesta aperta a Roma, e comunicati lo scorso dicembre al procuratore generale Nabel Sadek. Del rapimento di Regeni sono sospettati il maggiore Magdi Ibraim Abdlaal Sharif, il capitano Osan Helmy e altri tre; mentre per il depistaggio nella vicenda dei rapinatori con i documenti di Giulio sono indiziati il colonnello Mahmud Handy della polizia e altri agenti.
Il 9 gennaio è stata finalmente interrogata a Cambridge Maha Abdelrahman, la tutor di Regeni (di origini egiziane), con molti «non so» e «non ricordo». Una perquisizione a casa sua ha portato al sequestro di cellulari, chiavette di memoria e memorie esterne, computer portatile. Abdelrahman resta, per ora, persona informata sui fatti, ma Panorama ricostruisce la «trappola» che ha inghiottito Regeni il 25 gennaio di due anni fa, quando è sparito nel nulla. Il suo cadavere è stato ritrovato il 2 febbraio 2016 alla periferia del Cairo, orribilmente seviziato.
LA FONDAZIONE ANTIPODE
Il destino di Regeni ruota attorno a un finanziamento di 10 mila euro della fondazione inglese Antipode, di estrema sinistra, che apparentemente fa gola a Mohammed Abdallah, ex capo del sindacato autonomo degli ambulanti al Cairo, oggetto della ricerca del giovane. Quando Regeni si accorge che Abdallah vuole una parte dei fondi si tira indietro e neppure compila la richiesta. Sul suo computer annota: «Miseria umana».
Ma è troppo tardi. Abdallah, in realtà, è un informatore della National security egiziana e il 6 gennaio 2016 si presenta all’incontro con Regeni con una microcamera nascosta per filmarlo, fornita dal maggiore Sharif, uno dei sospetti della procura di Roma.Abdallah insiste sui soldi e la sua parte, un’esca per incastrare Regeni. La legge egiziana vieta il finanziamento diretto o indiretto di associazioni e sindacati. Chi ha inviato a Regeni il link per chiedere il finanziamento all’Antipode? La sua tutor
egiziana, scoprono gli investigatori italiani. Regeni lo conferma alla madre con una mail del 14 novembre 2015, spiegando che avrebbe dovuto far concorrere il sindacato nella richiesta di fondi.
I CONTATTI
Come è arrivato Regeni ad Abdallah? Attraverso Hoda Kamel, attivista di una Ong nel mirino della polizia, indicata dalla sua tutor all’Università americana del Cairo: la professoressa Rabab Al Mahdi, nota per la sua opposizione al presidente Abdel Fattah Al Sisi. Abdelrahman sostiene che è stato Regeni a proporla, ma una chat del ricercatore del luglio 2015 a un amico rivela il contrario in dialetto triestino: «Ela me ga proposto Rabab El Mahdi che xe una politologa egiziana conosuda anche perché la xe una grande attivista… Mi go fatto il codardo e ghe go ditto che ero un po’ preoccupà del fatto che la ga molta visibilità in Egitto e no volesi esser tanto in primo piano».
L’INCARICO E I RISCHI
Abdelrahaman scarica su Regeni pure la responsabilità «di volersi occupare dei sindacati degli oppositori al regime». In realtà il ricercatore scrive una mail che non lascia dubbi: «Ho cercato di fare resistenza e ho spiegato che non volevo farlo, ma la prof ha insistito e ho dovuto accettare».
Abdelrahaman, che ha controfirmato l’analisi del rischio per la ricerca al Cairo dando il via libera alla partenza di Regeni, continua a negare che ci fossero «elementi di pericolo». Ma l’11 giugno 2015, pochi mesi prima di mandare il ricercatore friulano al Cairo, ha tenuto una conferenza a Cambridge con Amnesty international per denunciare le «forme di repressione contro giornalisti, studenti, attivisti, lavoratori e cittadini ordinari». La polizia britannica sta rintracciando 63 studenti che per conto di Cambridge si sono recati in Egitto e dovranno compilare una sorta di questionario sulle scelte dei tutor e i rischi. Un americano è finito in galera e lo stesso Regeni racconta, prima di morire, di una ricercatrice espulsa nel 2015 e rimasta traumatizzata.
I REPORT E L’INCONTRO AL CAIRO
La tutor di Regeni ha anche negato di avere ricevuto durante l’incontro con Regeni al Cairo il 7 gennaio 2016 i suoi dieci report sulla ricerca. Lo stesso giorno Regeni scrive una mail alla madre che fa capire il contrario: «La Maha xe sorpresa che go rivà a far cusì tanto in poco tempo ».
Il suo destino è già segnato dalle riprese nascoste di Abdallah, che deve rivedere Regeni il 26 gennaio. Il maggiore Sharif fa capire all’ambulante che «i controlli sarebbero continuati fino al giorno prima», il 25 gennaio, quando il giovane ricercatore è scomparso.