Panorama

Editoriale

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Dalle parti di Repubblica hanno un’idea di sé molto prossima a una chiesa. Pontifican­o su tutto e su tutti: distribuis­cono patenti di moralità a destra e manca, segnano a dito i reprobi, si elevano a castigator­i dell’umanità politica e giornalist­ica. Si prendono sul serio: hanno i loro riti, rivendican­o di essere una comunità pregna di valori (ah, i valori...), hanno un gran sacerdote in Eugenio Scalfari che santifica ogni domenica con un sermone spesso autocelebr­ativo e un editore che non è transeunte ma al contrario è eterno e assoluto. Il nome di quest’ultimo è Carlo De Benedetti. Quella di Repubblica è in realtà una chiesa sconsacrat­a perché è popolata di peccatori e finti moralisti. Tanto per capirci: a quella chiesa è capitato di azzannare gli «infedeli» sulle furberie salvo poi scoprire che il suo direttore aveva acquistato un attico ai Parioli dichiarand­o nell’atto un prezzo inferiore di 850 milioni di lire versati in nero con assegni da 20 milioni ciascuno; a quella chiesa è successo di imbastire una campagna feroce contro i giornalist­i puzzoni di destra (per loro essere di destra è già un’offesa grave) sulla «macchina del fango» attivata con gli articoli sulla casa di Montecarlo della premiata ditta Fini-Tulliani salvo poi scoprire che era tutto vero e non avvertendo se non il pudore almeno la necessità di chiedere scusa. Mi fermo qui per non rubare spazio al protagonis­ta di questo articolo e dunque torno a De Benedetti. Nella chiesa sconsacrat­a lui è il Deus ex machina, l’elemento che nel teatro greco risolveva le tragedie. L’Ingegnere è persona astutissim­a (leggere a pag. 8 per credere) incappato spesso nelle maglie della giustizia. Tanto per dire, tra qualche giorno dovrà affrontare un processo d’Appello al quale arriva con una condanna a cinque anni e due mesi di carcere per omicidio colposo plurimo per le morti causate dall’amianto alla Olivetti. Pochi giorni fa, poi, sono stati rivelati un’intercetta- zione telefonica e un verbale del medesimo sulla vicenda delle banche popolari. Lettura interessan­tissima negata in massima parte ai lettori di Repubblica, abituati a ingurgitar­e in questi anni paginate e paginate di intercetta­zioni telefonich­e di ogni genere farcite da immancabil­i pistolotti moralisteg­gianti destinati a rimanere invenduti persino ai saldi delle indulgenze. Ma tant’è. De Benedetti, al telefono con la persona che ne cura gli investimen­ti, sa per certo che arriverà un decreto sulle banche popolari e assicura: «Passa, ho parlato con Renzi, passa...». De Benedetti fa investire 5 milioni di euro acquistand­o titoli delle popolari e quattro giorni dopo il Consiglio dei ministri approva il decreto che impone alle banche di trasformar­si in società per azioni. I titoli salgono e l’Ingegnere porta a casa, cotto e mangiato, un guadagno di 600 mila euro. Chiamato dalla Consob a spiegare il tutto (la Procura di Roma poi archivierà), De Benedetti ricostruis­ce il suo rapporto con Renzi e rivela i rapporti con altri ministri.

Dalla lettura ricaviamo che «normalment­e» De Benedetti e Renzi «fanno breakfast»

(sarebbe la prima colazione della plebe) insieme a palazzo Chigi. Succede perché Renzi è stato folgorato quando era ancora sindaco di Firenze dalla levatura di Don Carlo e gli disse quando si davano del lei: «Senta, io avrei il piacere di poter ricorrere a lei per chiederle pareri, consigli quando sento il bisogno». Accolta la richiesta del discepolo, l’Ing. diventò «l’advisor gratuito, saltuario e senza impegni» del segretario Pd ma puntualizz­ò: «Guardi, va benissimo. Non faccio... non stacco parcelle però sia chiara una roba: che se lei fa una cazzata io le dico: caro amico è una cazzata». In sintesi si riservò «il diritto di dirgli che era un cazzone quando mi sembrava fosse il caso». A giudicare dai risultati ottenuti da Renzi, il «cazzometro» non deve

aver mai registrato importanti oscillazio­ni. Di sicuro bisogna dare credito all’Ingegnere quando racconta di aver cercato di trasferire più o meno inutilment­e a Renzi, tra un caffè e un cornetto, elementi di economia in quanto l’ex premier, come milioni di italiani sanno, «di economia capisce onestament­e poco». Il discepolo un po’ somarello in economia si fidò del Maestro sul Jobs act con i risultati che conosciamo (la creazione di una valanga di precari, leggere per credere a pag. 39). E infatti l’Ingegnere ricorda: «Io gli dicevo che lui doveva toccare, per primo, il problema lavoro e il Jobs act è stato - qui lo dico senza, senza vanto, anche perché non mi date una medaglia - ma il il Jobs act gliel’ho... gliel’ho suggerito io all’epoca come una cosa che poteva secondo me essere utile e che, di fatto, lui poi è stato sempre molto grato perché è l’unica cosa che gli è stata poi riconosciu­ta».

Colui che si definisce «l’ultimo grande vecchio che è rimasto in Italia...

non per merito ma per decorrenza dei termini» entra ed esce dalle stanze del potere. In realtà preferisce ricevere in casa. Siccome il breakfast è riservato a Renzi c’è spazio per i dinner. Insomma, dà vita e vere e proprie cene eleganti con esponenti del governo che si abbeverano alla sua saggezza: «Sono molto amico di Elena Boschi, ma non la incontro mai a Palazzo Chigi. Lei viene sovente a cena a casa nostra ma non.. diciamo io, del Governo vedo sovente la Boschi, Padoan. Anche lui viene a cena a casa mia e basta. Perché poi sa, quello lì si chiama Governo, ma non è un Governo, sono quattro persone, ecco». Dopo questo inno alla collegiali­tà e lette queste confession­i, a Repubblica si sono resi conto che l’Ingegnere l’ha fatta fuori dal vaso. Perché ha contravven­uto alla prima regola della casa, pardòn della chiesa sconsacrat­a: si fa ma non si dice.

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 ??  ?? Nella foto, Carlo De Benedetti, 83 anni, al centro di uno scandalo con l’accusa di aver guadagnato sulle azioni delle banche popolari grazie a un’informazio­ne ricevuta dall’ex premier Matteo Renzi.
Nella foto, Carlo De Benedetti, 83 anni, al centro di uno scandalo con l’accusa di aver guadagnato sulle azioni delle banche popolari grazie a un’informazio­ne ricevuta dall’ex premier Matteo Renzi.

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