L’ospedale che aiuta anche i sani
Accanto alle sale operatorie ci sono i campi coltivati e gli allevamenti che rendono autosufficiente la struttura e danno lavoro a centinaia di persone. E poi scuole e alloggi. In Kenya, sull’altopiano di Kinangop, c’è un gioiello sanitario «circolare» fo
È un’Africa che cerca - e finalmente trova - differenti modelli sociali e di sviluppo quella che s’incontra qui a Kinangop, 130 chilometri da Nairobi, su un altopiano a 2500 metri di altitudine condiviso con il poco turisticizzato parco nazionale di Aberdare, in piena terra Kikuyu. Aria tersa e più salubre di quella delle pianure arroventate. Malaria assente. Il North Kinangop Catholic Hospital vi è stato aperto nel 1965 in un originario dispensario gestito da suore africane. Era il 1966 quando poi il missionario padovano Giovanni Dalla Longa, capo della diocesi di Nieri, ebbe l’intuizione di acquistare questi sette ettari di terre fertili. Con lungimiranza iniziò ad abbinare all’assistenza sanitaria un primo concetto di sostenibilità ambientale ed economica. Da allora l’ospedale, con i suoi 220 posti letto, è diventato il riferimento per una popolazione che nell’area conta 350 mila abitanti. Oggi il personale arriva a 200 unità, fra medici, infermieri, tecnici di laboratorio, addetti amministrativi, che assistono ogni anno 70 mila persone, con circa 9000 ricoveri. Tuttavia l’innovazione ulteriore è rappresentata da altre 150 persone impegnate in attività economiche di supporto alla struttura: oltre alla fattoria che garantisce approvigionamento alimentare, ci sono falegnameria, carpenteria metallica, panificio, trasporti con camion, una cava di materiali edili. E ormai il processo di «africanizzazione» dei dipendenti è completato. Con evidenti vantaggi per l’occupazione nell’intera area.
«Si può considerare Kinangop un modello di economia circolare:
tutto ciò che realizziamo serve a dare autonomia all’ospedale». A parlare è Don Sandro Borsa, 68 anni e da 40 in Kenya come sacerdote, appassionato di botanica e più in generale di natura, che dal 2004 gestisce il North Kinangop Catholic Hospital, animandone lo spirito pionieristico con continue innovazioni. Dice: «Siamo autosufficienti per ortaggi, carni e latte, e riusciamo a vendere anche i prodotti in eccedenza. Inoltre ricicliamo i rifiuti organici e abbiamo un sistema di trattamento delle acque nere che le restituisce al fiume forse più pulite di quando le preleviamo».
Per una simile macchina organizzativa è decisiva la sinergia tra amministrazione, dipendenti e popolazione residente. «Qui non siamo i proprietari, bensì coadiutori nel creare una struttura di servizio» aggiunge Don Sandro «che dovrà proseguire e mantenersi con regole e procedure di questo territorio. Io mi sono “limitato”, perché si possa sviluppare una più efficace gestione locale. E il governo ci ha riconosciuti come un Teaching and referring hospital ».
Certo, le difficoltà non mancano, tra un’elevata mobilità del personale e il rifiuto di alcuni pazienti di aderire al programma assicurativo della Sanità keniota. Eppure, i risultati si toccano con mano. Da cinque i medici adesso sono 30: un successo per le statistiche del continente. E se un parto in un’analoga struttura pubblica costa 3 mila euro, a Kinangop con un servizio di alto livello se ne pagano 70.
Fuori dai tradizionali edifici grigi in lamiera, s’incontrano subito le coltivazioni di verdura e frutta, dove come ogni giorno sono al lavoro numerosi contadini. Non solo: qua si intende dare risposta anche al drammatico problema della deforestazione. Ecco che un vivaio fornisce alberi per legname da costruzione e per usi domestici. Rispetto a quando è arrivato, Don Sandro ha voluto dare impulso alla formazione e alla qualità professionale, collaborando con il ministero di Nairobi, acquistando macchinari e attivando laboratori e servizi. «Quando ho preso in mano il timone ho trovato già un’idea e una realtà valide» si schermisce lui. I numeri in ogni caso sono dalla sua. «L’ospedale ha un bilancio annuo di circa 4 milioni di euro, con due voci principali: il pagamento delle prestazioni da parte dei pazienti - in linea col costo della vita - e la convenzione assicurativa con il governo. C’è poi l’attività della campagna, degli allevamenti e dei laboratori artigianali. L’ospedale è sì un’attività di carità, ma appena il 10% dei fondi arriva da donazioni».
Ascoltandolo, Don Sandro trasmette subito
la sensazione di come questa sia la sua ragione di vita. Ora, ad esempio, c’è da ristrutturare il reparto di pediatria e da metter mano al centro per la rianimazione. E l’obiettivo è quello di un centro dialisi. La cosa a cui tiene di più, racconta passeggiando nell’amato bosco che comincia vicino all’ospedale, sono il passaggio generazionale e una prospettiva futura. «Perciò abbiamo costruito abitazioni per la maggior parte dei dipendenti, scuole per i loro figli, e pratichiamo prezzi calmierati sui prodotti della campagna qua attorno». Di tempo ne è passato moltissimo, da quando ha lasciato l’Italia. «Nonostante tanto Kenya, non provo nostalgia, ma neppure mi sento del tutto africano... Il mio posto è qui, perché il da fare a Kinangop non finisce mai».