Quella sinistra che vuol governare coi grillini
Se c’ è un arcipelago confuso in questa campagna elettorale è quello della sinistra. Ci sono tante strategie, che nascondono le ambizioni dei tanti leader, o presunti tali, che vi albergano. Già, solo dentro Liberi e uguali, ce ne sono quattro, che hanno opinioni (per usare un eufemismo) diverse sul «che fare»: Pietro Grasso, Laura Boldrini, Pier Luigi Bersani, Massimo D’Alema. Nel Pd queste sensibilità sono più nascoste, per un solo motivo: anche se ora va di moda la gestione collegiale, in realtà le danze continua a menarle Matteo Renzi. Lo si è visto sull’argomento della candidatura di Antonio Di Pietro. L’ex magistrato più famoso d’Italia, che D’Alema aveva lanciato in politica nel ‘97, sta tentando in tutti modi di presentarsi in un collegio uninominale come candidato unico di Pd e scissionisti. Invano. «È la mia nuova battaglia» ha spiegato Renzi ai suoi fedelissimi. «C’è chi tra noi vuole candidare Di Pietro. Col cavolo! Gli ho fatto una sceneggiata. Gli ho detto: “Finchè ci sono io, niente! Non se ne parla!”. Nè in alleanza con Liberi e uguali, né da solo con noi». La ragione è semplice: la candidatura di Di Pietro, con i suoi rapporti privilegiati con i grillini e con Grasso, nasconde la grande contraddizione, il non detto che c’è a sinistra e, in fondo, anche in una parte minoritaria nel Pd (la minoranza di Andrea Orlando e Michele Emiliano). C’è chi da quelle parti, infatti, continua a coltivare un «feeling» con i grillini, che se dalle urne uscissero certi numeri potrebbe trasformarsi in qualcosa di più concreto. «Vedete» è l’analisi che il segretario del Pd ha fatto ai suoi «tra i nostri cugini di sinistra ci sono due linee su come utilizzare il consenso che conquisteranno alle elezioni (non più del 6-7 per cento). Baffino punta sulla grande coalizione, ma i suoi non vogliono. D’Alema, nei fatti, si accontenterebbe di uccidere me e, poi, in prospettiva, di puntare al Quirinale. Ma tra Liberi e uguali, c’è chi ha altre mire. Ci sono quelli che flirtano con Beppe Grillo, come quel genio di Grasso! L’attuale presidente del Senato vuole fare il premier di un governo che, nei suoi disegni, dovrebbe essere sostenuto da grillini, LeU e un Pd “derenzizzato”». Su questo argomento Renzi, a quanto pare non la pensa come Silvio Berlusconi, che ha individuato nel magistrato Piercamillo Davigo, il possibile premier di una siffatta maggioranza: per il segretario del Pd, invece, il nome già c’è ed è quello di Grasso, più istituzionale e con un maggior «appeal» verso quella parte del Pd che guarda solo a sinistra. Cioè, gli stessi che si stanno spendendo molto per la candidatura Di Pietro. Un «disegno» ambizioso che i dati elettorali potrebbero trasformare in qualcosa di non impossibile. «L’elemento essenziale per impedirlo» è il ragionamento di Renzi «è che i grillini restino sotto quota 25 per cento. Altrimenti è un casino». Il «casino» è che l’ipotesi teorica del governo grillino, LeU e del Pd «derenzizzato»venga trasformato, appunto, dalle urne in qualcosa di reale. E ci vuole poco a capire che Renzi è un nemico irriducibile di una prospettiva del genere: una prospettiva che, nei fatti, segnerebbe la sua fine politica. Ne è consapevole a tal punto che confida, oltreché nella sua campagna elettorale, anche in quella del Cav. «L’elettorato grillino è strano» è una sua congettura «alla fine Berlusconi è uno dei pochi che riesce a parlare anche con quei mondi, che riesce ad usare gli argomenti giusti. L’unico che può massacrare bene il grillismo. Non sono io a dirlo, basta guardare i sondaggi: da quando Berlusconi fa i numeri contro di loro, stanno scendendo. Del resto anche alle europee, riuscì a ridurli al 20 per cento. È vero anche che io allora ero forte... Comunque, Berlusconi fa bene a metterli nel mirino». Il ragionamento del segretario Pd ha una sua logica: il voto grillino, secondo i sondaggi, si concentra, soprattutto, al Sud, e lì la vera diga contro i 5 Stelle è Forza Italia con i suoi alleati centristi e la destra di Fratelli d’Italia. Un ruolo quasi obbligato, dettato dalla situazione. Così, uno dei paradossi di questa campagna elettorale, è che, almeno in questo obiettivo, il Cavaliere e il Rottamatore sono alleati.