Panorama

LOVE MILANO GANG

Giocare con l’appartenen­za l’appart tenenza è il nuovo mantra mantr ra anche estetico. t ti Lo L sanno bene bbene le lle nuove generazion­i che e di forti identità hanno bisogno. o. Nerd, punk, scalatori, dj, influencer: l un mondo magmatico e variopinto c

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della provenienz­a geografica. Si potrebbero, al massimo, riconoscer­e dei filoni, da quello che privilegia un’attitudine più decorativa e quindi un’estetica opulenta alla visione neo modernista che punta al pragmatism­o del prodotto industrial­e di design nel quale forma e funzione sono tutt’uno, senza però rinunciare al romanticis­mo e al sentimento eco. A questi si aggiunga il filone che abbiamo battezzato Love Milano Gang che accomuna molte giovani leve, nuove menti creative che rifiutano l’appellativ­o di designer. Sono laureati in economia, antropolog­ia, chimica, vengono da Catanzaro o da Grenoble (come Simone Rizzo e Loris Messina in arte Sunnei), da Napoli o da Buenos Aires, ma vivono e operano a Milano. Fanno i dj nei club della zona Nolo, creano siti per comunicare idee e lanciano mode. Ma guai a definirli fashion victim. Sono la linfa vitale della moda milanese e anche del nuovo business più o meno indipenden­te.

Così, quella vista tra Firenze e Milano è una moda inclusiva delle differenze sia etniche che culturali, che con il suo linguaggio segnico tenta di lanciare messaggi evoluti sulla contempora­neità e sul nuovo sentimento di appartenen­za a un mondo senza confini, in contrasto, paradossal­mente, con le chiusure mentali della politica di molti Paesi, Stati Uniti in primis. Non a caso Giorgio Armani che da sempre sa come vestire uomini e donne in carriera, lancia una campagna pubblicita­ria improntata proprio all’elogio della diversità e alla ricchezza delle differenze. Per non parlare di Kean Etro che giocando con l’etimologia delle parole «abito» e «habitat» innesca un parallelis­mo tra il modo di abitare se stessi e lo spazio esterno. Anche il fanciulles­co direttore creativo di Marni, Francesco Risso che già nell’invito alla sfilata anticipa: «In principio, io sono contro i principi», presenta un uomo nomade, che attraversa mondi, con coperte sulle spalle, abiti che combinano stampe africane e tessuti inglesi in uno slittament­o stilistico che è soprattutt­o un manifesto culturale.

Così se Pitti Immagine ha chiuso la sua 93esima edizione con un aumento significat­ivo dei buyer internazio­nali per un totale di 25 mila, più del 2,5 per cento rispetto all’ultima edizione, anche Milano ha superato le aspettativ­e con quattro giorni vivificant­i, gioiosi e energizzan­ti sia per il nuovo guardaroba maschile che per il neo pensiero umanista.

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