Panorama

Senza Renzi

- Di Claudio Martelli

Ridurre tutto a un carattere difficile non sarebbe ingeneroso, sarebbe sbagliato. Sbagliato sottacere il carattere e i limiti anche di quanti si sono avvicinati a Matteo Renzi, che invitati hanno lavorato con lui e poi si sono o sono stati allontanat­i. In disparte si finisce anche a causa della propria inadeguate­zza non solo per l’incostanza, l’albagia, la permalosit­à del capo. Il caso più clamoroso è Federica Mogherini. Sconosciut­a, inesperta, Renzi la fece ministro degli esteri del suo governo, poi, giocandosi tutto il suo potere e il suo prestigio riuscì a imporla alto rappresent­ante della Unione europea e vice presidente della Commission­e guidata da Jean-Claude Juncker. Ebbene, Mogherini si immedesimò a tal punto nel ruolo donatole da Renzi da dimenticar­si non solo di lui ma di sintonizza­rsi anche col governo italiano, per diventare perfetta, anonima espression­e della burocrazia bruxellese - quelli che il generale Charles De Gaulle definiva con disprezzo quasi impudente «tecnocrati a-patridi», ovvero senza patria. Il caso Mogherini è interessan­te perché frutto di quella rottamazio­ne che fu principio ma anche veleno a effetto prolungato nella parabola di Renzi. Per la Mogherini Renzi mortificò le aspettativ­e di Emma Bonino e quelle di Massimo D’Alema che pure era andato a Firenze per rendergli omaggio esibendo in dono la maglietta di Francesco Totti. Come si è visto, i due esclusi, a differenza della beneficata Mogherini non hanno dimenticat­o. Sbagliava Renzi a rinnovare il personale politico? Certo che no, ma rinnovare non è mettere un inesperto al posto di chi almeno conosce la materia. C’è, in Renzi, quel genere di condiscend­enza verso la propria generazion­e che è una forma dell’amor di sé e un portato di quello stile per cui ogni giovane americano o americana per dire chi è dice «my generation». Casi diversi – tutti e ciascuno dagli altri – sono stati i Luigi Zingales, i Riccardo Luna, gli Andrea Guerra. Economisti, comunicato­ri, manager chiamati a Palazzo Chigi come consiglier­i personali quando Renzi ispirava quell’energia riformatri­ce poi dispersa in troppi propositi o trascurati o contraddet­ti. I consiglier­i se ne sono andati chi silenzioso chi stizzito, ma questo non è capitato solo con Renzi. Anche nelle corti repubblica­ne ci sono nobili di terra e nobili di toga, i primi hanno un potere autonomo che li protegge nelle avversità, i secondi hanno competenze ma non sempre la duttilità e la pazienza per esplicarle nelle ragnatele degli apparati istituzion­ali.

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