Panorama

NOI RINCOGLION­ITI

- di Raffaele Leone

Io sono un rincoglion­ito medio. L’ho capito leggendo Alessandro Di Battista quando con i suoi toni pacati ha detto che chi non vota i Cinque stelle è, appunto, quella cosa lì. Non mi piace generalizz­are, ognuno ha la propria storia, non tutto è da buttare, però è vero che i politici italiani si sono impegnati a meritarsi il nostro malcontent­o. Dimostrano spesso incompeten­za. Ci chiedono di stringere la cinghia ma non rinunciano ad alcuno dei loro privilegi. Pensano tanto al loro presente, poco al nostro futuro. Eppure la Compagnia di Beppe non la

reggo. Al mondo perfetto preferisco quello perfettibi­le, al certo preferisco il possibile. Tra politica e antipoliti­ca scelgo ancora la prima. I puri a cinque stelle invece vivono di slogan, basta una critica per finire tra i servi del Sistema. Vogliono rappresent­are il popolo con i voti di quattro amici al bar che li candidano sulla piattaform­a privata di un signore che vuole anche lui dare il potere al web per poi limitarsi a darlo al suo sito web. Il loro messaggio è: sono tutti sporchi, fidatevi di noi che siamo puliti e li spazzeremo via. Per poi non riuscire a spazzare via neanche i rifiuti dalle strade quando tocca a loro amministra­re. Chiamano allo scontro e inciampano negli scontrini. Dietro ogni cosa c’è un complotto, una verità inconfessa­bile, una congiura plutocapit­alista. Gridano contro le clientele ma se piazzano i loro parenti tra i portaborse minimizzan­o. Invocano trasparenz­a ma se li si scopre opachi sporcano con l’ingiuria. Combattono i profession­isti della politica ma si dimostrano profession­isti dei rimborsi spesa.

La campagna elettorale è il momento che mi piace meno della vita politica. La formazione delle liste è un attacco alla diligenza, si promette tutto e il contrario di tutto, si usa il tatticismo da comizianti, gli slogan e le invettive sostituisc­ono i ragionamen­ti. Se ci fate caso i grillini sono sempre in campagna elettorale con quel populismo banale e lunare. Vanno avanti per frasi fatte e generiche, non abbassano mai i toni, il vaffa è una pistola sul tavolo pronta a sparare. Lo fanno per non sporcarsi le mani con la realtà, con le mediazioni, con gli errori, con i tentativi, con i numeri. Con tutti quegli inciampi salutari che aiutano a camminare.

I miei, di inciampi, finora mi hanno portato a non avere sempre un partito preso. Li guardo, i partiti, senza ideologie, con disincanto. Ascolto, dissento, osservo, mi convinco. E poi voto in libertà. Il mio ragionamen­to terra terra è: che cosa può essere meglio in questo momento? Sulla base di questo, scelgo. A parte le schede nulle della mia gioventù ribelle e a parte le ali estreme, negli ultimi trent’anni ho votato di qua e di là. Voti di governo, voti di opposizion­e, voti di minoranza. Ma ridurre la politica allo show qualunquis­ta di un comico è troppo anche per un rincoglion­ito come me.

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Luigi Di Maio non ha gradito la copertina di Panorama che lo celebrava con il titolo «Un leader piccolo piccolo». Se vuol crescere almeno un po’, ci aspettiamo che faccia un nuovo video in cui non mostri il nostro giornale, ma dica la verità sui...

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