Panorama

Anche i big grillini presi con le mani nella...

Di Maio e Giarrusso, Fico e Toninelli, Taverna e Lombardi: da inizio legislatur­a hanno utilizzato centinaia di migliaia di euro per le proprie spese. Ma le tante sbandierat­e «restituzio­ni» al fondo per il microcredi­to alle imprese si sono via via prosciug

- di Antonio Rossitto

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Cercava la rivoluzion­e, trovò l’agiatezza» scricrivev­a Leo Longanesi. E così, pure l’epopea pea grillina sembra giunta al capolinea. Lo scanandalo dei bonifici inviati di giorno e annullati lati la notte è però solo l’epifenomen­o. Il vero ero obbrobrio è la Spesopoli. Più di cinquanta nta milioni di rimborsi ottenuti dai 123 parlamenen­tari senza scontrino né giustifica­tivi. Così fan tutti, tti, certo. Compresi i fustigator­i della politica e dell’italica ica morale. Dei loro corposi rendiconti, meritoriam­ente nte pubblicati online, Panorama ha già rivelato rimborsi orsi improbabil­i. Persino ad agosto, quando Camera ae e Senato sono chiusi per ferie.

Poche e sconosciut­e pecore nere, si è sentito dire. ire. Ma i notabili del Movimento sono al di là di ogni sospetto? Sono davvero come la moglie di Cesare?

Spulciando le note spese, Panorama ha scoperto rto che pure loro hanno spesso usato fino all’ultimo mo centesimo disponibil­e, arrivando in qualche caso oa a 12 mila euro al mese. Affitto, consulenze, collaborar­atori, ristoranti, iniziative. Il dettaglio degli rimborsi orsi è sterminato. Ma c’è un’aggravante. La china dei maggiorent­i del M5s è sensibilme­nte peggiorata negli egli ultimi tempi. All’inizio del loro mandato, in ossequio uio alla morigerate­zza invocata da Beppe Grillo, hanno nno restituito una buona fetta dei rimborsi. La tensione one morale promessa agli elettori s’è arenata poco a poco. co. Fino ad arrivare all’ultimo anno. Quando i versasamen­ti al fondo per il microcredi­to sono crollati. .O O addirittur­a si sono azzerati, come nel caso di alcuni uni numi tutelari.

Un caso illuminant­e è quello di Mario Giarrus

so, senatore fumantino e ultralegal­itario. Da inizio legislatur­a, ha usato 482 mila euro di rimborsi e ne ha ridati poco più di 14 mila: nemmeno il 3 per cento. Somma adesso evaporata. Nel 2014 toccò i 3.667 euro. Quest’anno, a fronte di 109 mila euro di spese, neanche un centesimo è stato bonificato alle piccole e medie imprese. Insomma: il parlamenta­re siciliano s’è limitato, come tanti illustri colleghi, a versare sul conto pentastell­ato il minimo indispensa­bile: circa 1.700 euro dei 10.435 euro lordi di stipendio.

Il barbuto senatore è in ottima compagnia. Anche Danilo Toninelli, influente avvocato del M5s, quest’anno ha raschiato il barile: zero rimborsi, a fronte di quasi 90 mila euro rendiconta­ti. Ma nel 2014, onorevole fresco d’elezione, contribuì con ben 24.340 euro alla buona causa. Simile la parabola di Carla Ruocco, che siede nel nevralgico Comitato operativo dei 5 Stelle e qualche settimana fa è stata la deputata più votata alle Parlamenta­rie. Nel 2014 contribuiv­a

con 19 mila m euro. Nel 2017, nonostante abbia ricevuto 104 mila euro di rimborsi, non ha dato nulla.

Meno nota la senatrice catanese Nunzia Catal-

fo. È una dei tre probiviri del Movimento ed è stata chiamata da Davide Casaleggio nell’Associazio­ne Rousseau. Rousseau Quest’anno Catalfo, dei 88 mila euro ricevuti, ha h reso appena 253 euro. E anche nel suo caso il paragone p con gli anni in cui, come cantava Francesco Francesc Guccini, «gli eroi sono tutti giovani e belli», è eloquente: eloq nel 2014 stornò quasi seimila euro. Pochi, ma m pur sempre qualcosa.

Un altro al chiamato alla tolda della strategica piattaform­a Rousseau R è Manlio Di Stefano: papabile ministro degli de Esteri in un ipotetico governo 5 Stelle. Il deputato siciliano quattro anni fa versò 13.430 euro, mentre quest’anno q s’è fermato a 1.865.

Sulla stessa direttrice, l’ultrapasio­naria Paola Taverna, senatrice più votata delle Parlamenta­rie. È passata dai d circa 32 mila nel 2014 ai 4.744 euro nel 2017, quando qua ha usato 109 mila euro. L’85 per cento in meno di d quanto ridato agli albori. Una percentual­e simile a quella q della candidata governatri­ce in Lazio, l’ex capogruppo capo alla Camera Roberta Lombardi, scesa da 17.320 a 1.399 euro. Anche il senatore Vito Crimi, testimonia te il crollo vocazional­e: da 15.644 a poco più di 2.700 euro.

Insom Insomma, pare siano finiti i tempi in cui bisognava ap aprire il parlamento «come una scatoletta di tonno». Eppure E niente è cambiato, in questi anni, nelle esigenze degli eletti. Se non la loro attitudine. Lo dimostrano le note spese dei tre indiscussi leader. Il candidato premier, Luigi Di Maio, nel 2014 restituiva quasi 19 mila euro di rimborsi. Nel 2017 s’è fermato alla metà: 10.053 euro. Ancora più drastico il calo dei versamenti di Roberto Fico. Le donazioni del capo degli antagonist­i sono calate, in quattro anni, da 28.424 a 6.142 euro. E poi c’è Alessandro Di Battista: nell’anno di grazia 2014, bontà sua, conferì la somma record di 33.319 euro. Nel 2017, però, il contributo al fondo per il microcredi­to non ha raggiunto i 3.500 euro: il 90 per cento in meno. Il dato si riferisce solamente ai primi nove mesi: l’integerrim­o pentastell­ato è difatti molto in ritardo con l’elargizion­e mensile. L’ultimo bonifico, lo scorso 21 novembre, è il conguaglio di settembre 2017.

La Spesopoli, pur sottotracc­ia, sta diventando il vero vulnus. Il sindaco di Parma Federico Pizzarotti, ex esponente del M5s, l’ha detto chiarament­e: «Più che vedere chi non ha rendiconta­to, sarebbe più in-

teressante ved vedere chi ha rendiconta­to cosa e come. Ci sono delle spese oggettivam­ente impresenta­bili, anche dal punto pun di vista dei big».

Persino il c campione dei furbetti della Rimborsopo­li, il deput deputato Ivan Della Valle, lancia messaggi sibillini. Nel su suo caso, non sono arrivati al fondo per il microcredi­to 5 51 bonifici: per un totale di 272.312 euro. Lui sposta l’at l’attenzione: «È impossibil­e spendere otto o novemila eu euro al mese quando hai ufficio, viaggi e telefono già pagati. La trasparenz­a vera si farebbe tirando fuori t tutti gli scontrini. Aspetto che Di Maio li chieda». L’o L’onorevole reietto parla pro domo sua, ovviamente: p per alleviare l’imbarazzo. Ma non ha torto. Che sen senso ha dettagliar­e al centesimo, senza allegare nemm nemmeno una ricevuta?

Assieme al declino delle restituzio­ni, i maggiorent­i pentastell­ati h hanno chiarament­e aumentato le spese. Nel 2017, ad e esempio, Di Maio ha annotato 53.257 in «eventi sul ter territorio». Fico ne ha investiti 5.671 alla voce «utenze» «utenze»: cioè quasi 500 euro a mese di bollette o affini. E Di B Battista 9.460 euro in «vitto»: visto il ritardo nella ren rendiconta­zione, più di mille euro al mese. Taverna, invec invece, nell’ultimo anno ha adoperato buona parte della sua diaria in «trasporti»: 12.367 euro.

Eppure do dovrebbero essere fondi destinati «a

titolo di rimbo rimborso delle spese di soggiorno a Roma» , spiegano i regolament­i rego parlamenta­ri. E Taverna è una capitolina purosangue. pu Altri 4.103 li ha utilizzati, ancora nel 2017, 20 come canone o abbonament­o telefonico. Anche il collega Giarrusso non ha lesinato, destinando 13.619 13 euro a due voci speculari: rimborsi chilometri­ci e carburante. Robusto pure l’investimen­to in vitto: quasi mille euro al mese, la metà destinati all’acquisto di generi alimentari. Mentre Lombardi, sempre nel 2017, ha usato più di 65 mila euro per «collaborat­ori». Il record dei costi mensili va però a Catalfo: nel giugno 2017 la somma dei suoi giustifica­tivi ha toccato quota 12.010 euro, compresi 576 euro di taxi e 1.277 euro alla voce «altre spese».

Niente di nuovo, ci mancherebb­e. Nessun partito ha però fatto voto di francescan­esimo per accalappia­re il voto anticasta. Beppe Grillo, nel 2011, aveva tracciato la linea di demarcazio­ne con i partiti tradiziona­li: gli eletti non percepiran­no più di tremila euro, e dovranno rinunciare a tutti i benefit dei parlamenta­ri. Editto che, anche simbolicam­ente, all’inizio del mandato i pentastell­ati hanno provato a onorare. Ma il rigore s’è affievolit­o nel tempo. Fino alla definitiva normalizza­zione. Perfetti arcitalian­i pure loro: nati incendiari e finiti pompieri.

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