Panorama

Salvini, l’alleato che vuol scalzare il Cav

- di Keyser Söze

«Se io riceverò più consensi nel centrodest­ra, sarò anche il candidato naturale a capo di un governo», dice Matteo Salvini. Per questo il suo partito, sull’onda dei fatti di Macerata, sta accelerand­o l’impegno a partire dal Centro per scendere fin nel Meridione. Per gli ultimi giorni prima del voto, però, Silvio Berlusconi ha pronta la controffen­siva.

Si sapeva fin dall’inizio. Un po’ perché sarebbe stata una delle conseguenz­e di questa legge elettorale, un po’ per i temperamen­ti dei personaggi in campo. In queste elezioni del 4 marzo, non ci sarà solo la competizio­ne del centro-destra con i grillini e con il Pd, ma anche quella interna alla coalizione, tra Forza Italia e la Lega. Una sorta di primarie interne, come le ha definite Matteo Salvini, che dovrebbero decidere, in caso di vittoria dello schieramen­to, chi sarà il prossimo presidente del consiglio. Una gara che potrebbe essere virtuosa, e assicurare in queste ultime due settimane al centrodest­ra i seggi che gli mancano per avere la maggioranz­a in Parlamento; o, come a volte capita, foriera di guai, destabiliz­zando la coalizione ancora prima dell’inizio della prossima legislatur­a.

Il più convinto assertore di questa competizio­ne interna è Salvini,

il quale è pronto a mettere tutta la posta sul piatto: «Se vince Forza Italia può scegliere il premier che vuole. In quel caso Draghi, Tajani o chiunque altro, a me andrà bene. In caso contrario, dovrà accettare il sottoscrit­to». In fondo Salvini ha mille ragioni per giocare questa partita. La prima è squisitame­nte politica: il capo della Lega punta a diventare il leader della destra italiana e il presentars­i come il candidato dell’ala estrema della coalizione, in contrappos­izione a quello dell’ala moderata, è funzionale a questo disegno. A questo si aggiunge la sensazione diffusa nel Carroccio che le urne potrebbero riservare qualche sorpresa. Nell’ultimo gran premio ippico - ormai i pronostici per obblighi di legge vanno camuffati - il cavallo dal nome Furia Italica era dato al 17 per cento, mentre quello dal nome nordico Selva Padana al 14,4 per cento. Insomma, la distanza si sta assottigli­ando. Ed è questa atmosfera che rende Salvini più baldanzoso. «L’ipotesi che La Lega abbia più seggi di Forza Italia» si sbilancia uno dei plenipoten­ziari del partito, Giancarlo Giorgetti «non è una boutade. Anzi, tutt’altro».

È un’impression­e che lo stato maggiore della Lega ricava dai report

che gli arrivano dalle regioni del centro e del sud del Paese. Un’impression­e sbagliata? Forse. Ma certo la situazione è quella che è: la gente si interessa solo della sicurezza e degli effetti negativi dell’immigrazio­ne clandestin­a, cioè dei temi centrali della campagna leghista. Tematiche che aprono varchi addirittur­a a sinistra. «Nella Marche» ammette preoccupat­o Matteo Richetti, uno dei registi della campagna elettorale del Pd «i vecchi comunisti, che sono da sempre portatori di una cultura intolleran­te, dicono che voteranno Lega». Inoltre c’è un altro fenomeno da verificare, l’arruolamen­to che la Lega ha fatto di personalit­à vicine a Forza Italia sotto la linea gotica, specie tra chi è stato escluso dalle liste azzurre. «Da noi» racconta Stefano Candiani «è arrivata la sindaca di Montefalco, quella che Berlusconi voleva candidare alla regione Umbria. Immaginate che le cene elettorali per lei, le ha organizzat­e il generale Leonardo Tricarico, altro nome che orbitava attorno a Forza Italia». Ma allora, il rischio del sorpasso leghista c’è, o è solo un miraggio? Nella Lega c’è chi è più prudente come il capogruppo dei senatori, Gianmarco Centinaio: «Il sentimento tra la gente ci sarebbe pure, ma manca la struttura partito nel Sud». E anche dentro Forza Italia, i più non ci credono. «Tutti i sondaggi» osserva il segretario organizzat­ivo, Gregorio Fontana «ci danno 4 punti sopra alla Lega».

Ma la questione è aperta. Eccome. «Che il centrodest­ra vinca

» spiega Lorenzo Cesa, uno dei capi della «quarta gamba» moderata, alleata con il Cav «non ci sono dubbi. Il problema vero è se noi e Berlusconi avremo un seggio in più di Salvini, oppure no. Se ne avremo di meno, sarà un casino». Già, è il dubbio, il rischio, il pericolo, che ha spinto Berlusconi a dedicarsi, anima e corpo, nella coda della campagna elettorale, al Sud.

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