Panorama

Così ho vissuto su Facebook l’assassinio di mio figlio

Davide Stival, padre del piccolo Lorys, racconta in un libro la sua terribile vicenda familiare scandita dai messaggi online: quelli della moglie fino alla pioggia di insulti e minacce da parte di tanti sconosciut­i.

- di Carmelo Abbate

Il camionista Davide Stival ha appena parcheggia­to l’autotreno nella piazzola di sosta di Orte, nell’alto Lazio. Si siede a pranzo con i colleghi al ristorante dell’autogrill. È il 29 novembre 2014. Squilla il telefono, sono i datori di lavoro che lo chiamano dalla Sicilia. Cambio di programma, gli ordinano di non rientrare a Palermo, come previsto, ma di andare a Salerno e prendere la nave per Messina. Non gli dicono che il figlio Lorys è sparito, ma provano a velocizzar­e il rientro sull’isola. Passano pochi minuti. Altra telefonata: sono i carabinier­i, lo avvisano che il suo bambino non si trova. Davide è ancora a tavola, si alza, saluta, sale sul camion e parte verso Sud. Intanto chiama la moglie: è disperata, Lorys è scomparso. Davide punta dritto su Napoli, abbandona il camion, corre in aeroporto e prende il primo volo per la Sicilia. Atterra a Catania in serata, riaccende il telefono, è inondato da richieste di amicizia su Facebook, scorre la homepage con un gesto automatico, si ferma sul post di un’amica. C’è scritto «Rip Lorys». Riposa in pace.

«Dentro di me speravo non fosse così, che avessi capito male, speravo di non sapere cosa volesse dire “Rip”. Speravo tutto, tranne che fosse vera quella cosa», racconta oggi Stival, il papà del piccolo Lorys che a 8 anni è stato ritrovato in fondo a un canalone di cemento a Santa Croce Camerina, in provincia di Ragusa. Un delitto per cui la madre del bambino, Veronica Panarello, è stata condannata in primo grado a trent’anni di carcere. Dopo un lungo silenzio, Davide racconta la sua verità nel libro Nel nome di Lorys, scritto con il giornalist­a della trasmissio­ne di Rete 4 Quarto Grado, Simone Toscano, e con il suo avvocato Daniele Scrofani.

Già a partire dal momento più tragico, la scoperta della morte del figlio, quella di Davide è anche una tragedia vissuta su Facebook, a dimostrazi­one di quanto i social network abbiano invaso le nostre vite, le relazioni personali, le dinamiche sociali. E perfino le indagini penali. L’analisi delle attività Facebook di Veronica Panarello, per esempio, fornisce una lettura dei suoi comportame­nti, se è vero che, come si legge nel libro, poche ore prima del delitto la mamma aveva messo «Mi piace» a un post in cui si parlava di bambini finiti in ospedale, dopo aver navigato in altre pagine in cui persino il titolo rimandava a episodi di violenza sui bambini. Inquieta, a leggerlo ora, anche un altro suo «Mi piace» messo quattro giorni dopo l’omicidio su un post in cui si scriveva «La mamma incastrata dalle telecamere».

Facebook potrebbe aiutare a chiarire anche il rapporto tra Veronica e il suocero Andrea Stival, che la stessa

donna ha accusato di essere suo amante e autore del delitto: possibile che due innamorati si siano scambiati un solo messaggio privato, «Davide sta scendendo?», come scopriamo nel libro? E poi i commenti, pubblici, tra i due, sempre legati alla famiglia, senza alcun accenno malizioso: una volta con un cuoricino, un’altra in occasione del compleanno di Veronica: «Auguri alla mamma dei miei nipotini».

Facebook ci restituisc­e anche il lato peggiore della società: le minacce a un padre che ha appena perso un figlio. L’opinione pubblica si è infatti divisa sulla figura di Veronica, tra colpevolis­ti e innocentis­ti, con questi ultimi che hanno preso di mira chiunque venisse identifica­to come «nemico», in un clima di tensione cresciuto fino a colpire Davide, reo di aver abbandonat­o la moglie.

Ecco allora gli insulti, gli assalti contro cui è intervenut­o più volte l’avvocato Daniele Scrofani, che ha parlato a lungo del suo rapporto «oltre la toga», umano e profession­ale, con questo giovane marito e genitore. «Ci vado e me lo prendo», scriveva una stalker che ha ossessiona­to Davide (costretto poi a cancellars­i dal social), riferendos­i all’unico figlio che gli è rimasto: minacce di rapimento virtuali, paura reale. Davide era colpevole di non rispondere ai suoi messaggi (di insulti) e dunque doveva essere punito con l’incubo che persino a quel bambino venisse fatto del male. Il nervo scoperto di un padre sofferente, messo nel mirino anche da altri, come quella che scriveva «È bruttissim­o e anormale» e via con altri insulti.

Fino all’affondo finale, collegato proprio al libro

appena uscito, con l’accusa infamante di «lucrare sulla pelle di Lorys»: centinaia i commenti in cui «leoni da tastiera» anonimi scrivono di «non avere pietà per suo figlio», augurandog­li ancora sofferenza, perfino la morte.

Insulti rivolti anche al suo coautore Simone Toscano, senza sapere che Davide ha stabilito che i proventi delle vendite andranno in un libretto vincolato a nome dell’altro figlio, Diego di 6 anni, che non potrà usarli fino all’età stabilita dalla legge.

 ??  ?? Davide Stival e la moglie Veronica Panarello sul luogo dove è stato trovato morto il loro figlio Lorys il 30 novembre 2014.
Davide Stival e la moglie Veronica Panarello sul luogo dove è stato trovato morto il loro figlio Lorys il 30 novembre 2014.
 ??  ?? Da sinistra, il «Mi piace» di Veronica Panarello su Facebook alla notizia di due bambini morti; uno dei tanti messaggi di odio e minacce a Davide Stival sui social network.
Da sinistra, il «Mi piace» di Veronica Panarello su Facebook alla notizia di due bambini morti; uno dei tanti messaggi di odio e minacce a Davide Stival sui social network.
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 ??  ?? Nel Nome di Lorys (Piemme), 17,50 euro, 252 pagine.
Nel Nome di Lorys (Piemme), 17,50 euro, 252 pagine.

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