Panorama

Conte-Mourinho, rissa in campo

Si detestano e si insultano. Perché hanno vinto tutto e odiano perdere. Il 25 febbraio all’Old Trafford va di nuovo in scena lo scontro che accende il campionato inglese: Conte vs. Mourinho.

- di Giuseppe De Bellis direttore di SkySport24

In campo di nuovo. E finalmente. A 24 metri di distanza, come i pistoleri di un duello. Passo dopo passo, uno di schiena all’altro. Chi sparerà per primo? Forse nessuno perché l’hanno già fatto. Josè Mourinho e Antonio Conte, in ordine di cavalleres­ca ospitalità: il luogo dell’incontro è la casa di Mou, ovvero l’Old Trafford. Domenica 25 febbraio: Manchester United contro Chelsea. Quindi, appunto Mourinho contro Conte. Protagonis­ti della lite calcistica dell’anno, forse del decennio, per gravità e grevità. È cominciata molto tempo fa, con un reciproco sospetto: due caratteri troppo complessi per potersi affrontare come due tennisti in tenuta bianca, due tipi verbalment­e aggressivi, due allenatori che hanno fatto delle conferenze stampa il territorio della battuta feroce contro avversari e stampa. In campo, l’anno scorso si sono quasi scontrati fisicament­e. Poi qualche settimana fa sono tornati sul terreno delle parole per vomitarsi addosso il fatto che il reciproco rispetto sia diventato reciproco sospetto. Mou: «Se non mi comporto come un clown in panchina, non vuol dire che abbia perso passione». Conte: «Forse parlava di quello che faceva lui in passato. Se uno dimentica quello che ha fatto, si chiama demenza senile». Mou: «Ho commesso errori in passato e di sicuro ne farò anche in futuro, ma so che non sarò mai squalifica­to per scommesse». Conte: «Chi offende in questo modo è un piccolo uomo». Mou: Chi era il capitano di quella Juve accusata di doparsi con l’Epo? Conte» ( accusa falsa:

l’Epo fu esclusa dalla Cassazione). Conte: «Ha detto cose gravi, non posso dimenticar­e». Mourinho da fondo campo: «Provo solo disprezzo». Conte: «Lo disprezzo anche io».

Vederli uno contro l’altro sul campo è una consolazio­ne, non è solo una partita di calcio, ma almeno non è un botta e risposta continuo via social, giornali, tv. Sono due vincenti: hanno vinto entrambi ovunque siano andati. Però entrambi gestiscono male le sconfitte e non è un caso che la violenza verbale abbia avuto un picco nell’anno in cui entrambi sono stati messi calcistica­mente in un angolo da Pep Guardiola.

Non è finita, comunque. Non finirà neanche stavolta. Fino a quando Mou e Conte troveranno un nemico comune. Ma non deve avere già vinto il campionato a Natale. Fino a quel giorno saranno ancora così, protagonis­ti anche oltre ciò che fanno in campo con le loro squadre. Perché vivono di calcio e di polemiche, come ad assecondar­e un bisogno continuo di sfida: il pallone non basta, serve il rivale da abbattere per sentirsi più vincenti di quanto già si è. Abbiamo vissuto altre grandi rivalità nello sport e nel calcio, ma mai avevano raggiunto il livello dello scontro che sono riusciti a raggiunger­e Mourinho e Conte. Resta una domanda, che funziona per entrambi: ne vale la pena? Essere considerat­o un attaccabri­ghe, un polemico, un arrogante porta qualcosa? Mourinho ha lasciato l’Italia da personaggi­o divisivo, proprio per questo. Conte a Torino, dove è stato amato come pochi, ha lasciato comunque qualche scoria con la Juventus (club). Vincere aiuta a essere forti, lo sanno entrambi. Ma sanno entrambi anche che purtroppo non si può vincere sempre. E allora, in quel momento, rischia di cambiare tutto. A cominciare dalla percezione che gli altri hanno di te.

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