GIGANTE AMAZON NON CI SPAVENTI. ANZI, TI SFIDIAMO
Sono la coppia d’oro dell’imprenditoria italiana, in 30 anni hanno creato un gruppo di oltre 13 mila farmacie nel mondo con 385 mila dipendenti. Stefano Pessina e Ornella Barra parlano raramente ma con Panorama fanno un’eccezione. E a Jeff Bezos mandano a
Crescere, crescere, crescere è da sempre sempre il loro mantra. Da quando nei primi anni Ottanta Pessina, ingegnere nucleare prestato alla distribuzione di farmaci («La politica italiana mi ha impedito di fare il lavoro che amavo»), e Barra, brillante laureata in farmacologia e poi proprietaria della più grande farmacia di Chiavari, intuiscono che nel loro settore l’unica via è aggregare. Prima in Italia, dove la coppia, unita nel lavoro e nella vita, in pochi anni crea il più grande distributore all’ingrosso di farmaci, Alleanza salute Italia. Poi in Francia con Alliance Santé e in Gran Bretagna con Alliance Unichem. Ma il vero colpaccio arriva nel 2006 con l’acquisizione delle farmacie Boots, vera gloria nazionale britannica, e nel 2012 con i drugstore a stelle e strisce Walgreens. Dalla loro fusione nasce Walgreens Boots Alliance (WBA), prima realtà al mondo per la salute e il benessere con 13.200 farmacie sparse in 11 Paesi, 390 centri di distribuzione, 385 mila dipendenti, 118 miliardi di dollari di fatturato e 70 di capitalizzazione al Nasdaq. Dal loro debutto, Pessina, executive vice chairman e ceo di WBA, e Barra, co-chief operating officer di WBA, pare abbiano concluso 1.500 tra fusioni e acquisizioni. E non hanno intenzione di fermarsi. A Wall Street si vocifera di un interesse di WBA per il grossista di farmaci Amerisource, un’operazione da 15 miliardi di dollari. Le società si trincerano dietro a un granitico «no comment», ma è chiaro che il possibile ingresso di Amazon sul mercato americano della farmacia sta accelerando la concentrazione del settore. E dove ci sono fusioni e aggregazioni, ci sono Pessina e Barra. Che in questa intervista esclusiva a
Panorama raccontano perché la farmacia fisica batterà Amazon. «Ho grande rispetto di Jeff Bezos, penso sia un genio e che capisca di tecnologia e logistica» afferma Pessina. «Però, quello delle farmacie è un mercato molto regolato, con tanti attori per cui non credo sia in cima ai suoi pensieri. È chiaro che Amazon lo sta studiando, ma sono convinto che la farmacia fisica resterà ancora centrale». Da cosa le viene questa convinzione? Pessina. Perché il sistema delle farmacie costituisce la
rete distributiva migliore del mondo, grazie alla sua capillarità e agli investimenti fatti nel tempo. Tra cinque o dieci anni si faranno diagnosi e test attraverso portatili, ma i farmaci dovranno pur sempre essere consegnati fisicamente e servirà comunque qualcuno che li conosca e spieghi le interazioni negative al consumatore. Però l’ecommerce di farmaci cresce velocemente. P. Non è proprio così. Negli Stati Uniti, dove i pazienti a prescrizione ripetuta possono ricevere i farmaci a casa, il mail order è sceso al 16 per cento dopo aver toccato qualche anno fa picchi del 23/24. E se il colosso della logistica Fedex ha collocato 8 mila punti di ritiro nelle nostre farmacie Walgreens credo significhi che abbiamo lo strumento di penetrazione perfetto. In fondo, anche Bezos ha affiancato al suo impero digitale i supermercati bio di Whole foods. Quindi il futuro è delle aziende click & mortar, che integrano l’online all’offline?
P. In Gran Bretagna l’online vale circa il 10 per cento del nostro fatturato non farmaco, ma il 75 per cento di chi ordina sul web chiede la consegna nel negozio più comodo per lui. In Inghilterra il 90 per cento della popolazione risiede a meno di 10 minuti da un negozio Boots, mentre l’80 per cento degli americani a meno di 5 miglia da un drugstore Walgreens. Capisce perché abbiamo lo strumento di penetrazione perfetto?
Barra. Siamo una catena retail ma anche farmacia e rivestiamo un ruolo sociale molto importante. Ogni giorno 10 milioni di visitatori entrano nei nostri negozi Walgreens, mentre in Gran Bretagna sono 15 milioni i possessori della carta fedeltà Boots. Per questo sostengo che farmacia e farmacista siano ancora il centro del mondo della salute. Grazie alla nostra vicinanza il cliente entra in negozio e chiede consigli, un rapporto umano che non potrà essere superato perché in questo campo l’uomo avrà sempre bisogno di un presidio fisico. E la nostra azienda è unica proprio in questo. Che cosa pensa della riforma fiscale per le aziende varata da Donald Trump? P. Che è un grande stimolo per l’economia anche se avvantaggia le aziende americane, meno le multina-
zionali come noi, ma in generale le aziende avranno più cash flow da destinare a investimenti e dividendi. Già erano tanti i vantaggi di lavorare negli Stati Uniti, ma con questo lo stimolo a investire in America sarà ancora maggiore. Trump nel discorso sullo stato dell’Unione però ha detto che il costo della sanità negli Stati Uniti è insostenibile, mentre la solita Amazon, insieme a
JP Morgan e a Warren Buffett, ha deciso di creare una sanità aziendale per un milione di dipendenti. Che cosa ne pensa? P. Trump ha ragione. Il 18 per cento del Pil americano speso in healthcare non è più sostenibile e bisogna trovare un rimedio. Manca trasparenza, ci sono tanti intermediari e troppi che arraffano i pezzi di una torta che in gran parte finisce sprecata. Lo scorso dicembre WBA è entrata anche nelle farmacie cinesi.
P. Stiamo aspettando il via libera dell’Antitrust all’acquisizione del 40 per cento di GuoDa che controlla 3.500 farmacie, attività che sta assumendo un ruolo sempre più importante in Cina a scapito della distribuzione dei farmaci da parte degli ospedali. Si tratta di un mercato in grande espansione, dove in pochi anni si può passare da 3.500 a 10 mila
farmacie, mentre in Inghilterra ci sono voluti 170 anni per creare Boots e in America oltre 110 per Walgreens. E in Italia cosa pensate di fare? Il mercato delle licenze è stato liberalizzato lo scorso giugno, ma non si vedono grandi cambiamenti. P. Nella Penisola le farmacie vanno acquisite una a una, quindi per creare catene significative servirà molto tempo. Nei prossimi anni prevedo che qualcuno metterà assieme gruppi di diverse decine di farmacie, ma non tutti avranno successo. Vedremo. Si parla da tempo di un vostro sbarco in Italia con il marchio Boots. È vero? B. Per creare una catena di farmacie serve una conoscenza approfondita del mercato, oltre che un’organizzazione commerciale e operativa rodata. Chi dall’estero pensa d’investire in Italia dovrà organizzarsi adattando il suo modello di business al cliente italiano. Boots è molto conosciuta in Europa oltre che per il brand farmacia per la cosmesi e questo ci differenzia dagli altri competitor. Dal prossimo anno in Gran Bretagna ci sarà la Brexit. Un bene o un male?
P. La Gran Bretagna è sempre uscita dalla crisi prima degli altri Paesi europei e la Brexit ha interrotto questo trend, sprofondando il Paese nell’incertezza. Nei mesi scorsi abbiamo assistito al crollo della sterlina, alla crescita dei costi all’importazione e al rialzo dei prezzi che ha messo in difficoltà i grandi retailer. Non credo che Londra guadagnerà qualcosa dalla Brexit, anzi, ma non è ancora detto che si andrà fino in fondo.
Magari si troverà una soluzione più soft.
B. Noi siamo un’azienda globale e questo ci consente di bilanciare la negatività di un mercato, ma la Brexit peserà su tutta l’economia dell’Unione europea. Quello che è accaduto in Gran Bretagna era del tutto imprevedibile, ma anche in questo caso il nostro gruppo ha avuto grande capacità di reazione. Le lavoratrici di Tesco faranno causa alla società perché pagate meno dei colleghi uomini. Da voi com’è la situazione? B. Nella sola Walgreens, le donne sono 162 mila, il 65 per cento della forza lavoro. In Boots, addirittura si arriva al 75 per cento dei dipendenti e anche la managing director è una donna. Nel nostro gruppo le donne hanno ruoli importanti e godono della massima considerazione. La nostra idea di inclusione è fondata su principi meritocratici. Come vedete il vostro gruppo tra dieci anni?
B. Data la velocità con cui avvengono i cambiamenti preferisco focalizzarmi sui prossimi due o tre. Abbiamo alle spalle trasformazioni importanti e ce ne saranno altre visto che la dinamica è sempre più veloce.
P. Tra un decennio saremo un’azienda completamente diversa, così come saranno diversi i nostri negozi e la nostra presenza sul mercato. Le combinazioni possibili sono tante. Intanto, aggiungeremo altri servizi grazie a joint venture specializzate, ma non escludo altre operazioni di grandi dimensioni.