CHE COSA SUCCEDERÀ
IL PARERE DI TIM BALE docente di Politica alla Queen Mary University di Londra. La fase appena raggiunta appare in realtà esattamente per quello che è: pur non essendo un trionfo, non è una totale sconfitta. Ancora non riesco a capire come Theresa May riuscirà a risolvere il problema del confine irlandese, a meno che non lasci l’Irlanda del Nord nella Ue finché non verrà trovata una soluzione alternativa, come pare che l’accordo richieda. Il problema per la premier sarà convincere I suoi parlamentari e quelli del partito unionista. A ogni modo questo è un problema futuro. Per ora direi che, pur non essendo neppure lontanamente vicini all’accordo finale, sarebbe potuta andare peggio. Pertanto credo che il documento sarà approvato da entrambe le parti al summit Ue del 23 marzo. IL PARERE DI RAFFAELE MARCHETTI docente di Relazioni Internazionali alla Luiss di Roma. La promessa di cooperazione tra Kenyatta e Odinga è stata presentata come un punto di svolta per la crisi istituzionale del Kenya, ma ancora di più come l’inizio di una nuova era per riformare a fondo il Paese. È presto per dire se le aspettative che sono sbocciate si concretizzeranno in pieno. La crescita economica ha subìto una brusca frenata, le divisioni tribali sono ancora imperanti, la corruzione è diffusa. Tuttavia il Kenya rimane un Paese altamente strategico nell’area orientale africana per il suo forte potenziale economico e per l’argine che ha eretto contro il terrorismo. L’attenzione della comunità internazionale (dagli Stati Uniti alla Cina, passando per la Ue) ha creato stimoli e incentivi per il raggiungimento dell’accordo. IL PARERE DI HECTOR SCHAMIS docente del Centro Studi latinoamericani e della Georgetown University. I cubani hanno per la prima volta espresso con l’unica forma a loro disposizione (l’astensione o l’annullamento del voto) la loro contrarietà alla dittatura. Un regime costretto a violare le sue stesse leggi per nascondere il suo fallimento. Il vero rifiuto alla dittatura ha coinvolto molto più del milione di persone che risultano dal conteggio ufficiale. Questa non è affatto una sorpresa, visto che il metodo cubano è molto simile a quello imposto da Nicolás Maduro in Venezuela, dove a quasi tutti i candidati dell’opposizione è stata impedita la partecipazione alle prossime presidenziali del 20 maggio. Anche a Caracas, così come all’Avana, l’opposizione chiede di disertare il voto, nonostante le pressioni del regime venezuelano.