La versione dello 007 russo
Dove porta il grande freddo tra Londra e Mosca.
Che il giovane neo-ministro della Difesa britannico Gavin Williamson avesse una passione per le tarantole, tanto da portarne una con sé a Westminster, era uno dei pochi particolari emersi sulla stampa italiana al momento della sua nomina a responsabile della Difesa di Sua Maestà, nel novembre 2017. Eppure, appena assunto l’incarico al comando del più potente esercito europeo della Nato, Williamson ha dimostrato di ispirarsi più al falco che alla tarantola. Tra gennaio e febbraio 2018, appena insediato a Whitehall, ha accusato pubblicamente la Russia di spiare le infrastrutture energetiche inglesi per preparare un attacco capace di causare migliaia di morti, di accumulare un’enorme forza militare e capacità cyber per aprire una nuova stagione di conflitto e di essere la prima minaccia alla sicurezza britannica, superiore a quella posta dal terrorismo. Avrà avuto le sue buone ragioni.
Dopo il caso Skipral ha alzato i toni, praticamente dicendo
a Putin che non era il caso di reagire alle espulsioni degli agenti russi dalla Gran Bretagna, ma di tacere e sparire. Probabilmente Williamson, venditore di camini elettrici prima di divenire parlamentare, ci ha messo del suo nel rendere colloquiali alcuni concetti strategici. Ma le sue posizioni sulla stampa sono conformi a una più generale e condivisa valutazione strategica che sostiene come, da almeno un decennio, la Russia è divenuta il principale avversario strategico di Londra. Non solo. Secondo tale visione, il rapporto con Mosca non è più recuperabile diplomaticamente, occorre una nuova strategia di contrasto geopolitico e di deterrenza militare.
Il concetto era già presente nella National security Strategy and Strategic Defence and Security Review
del 2015. Nel documento strategico del governo inglese si sosteneva che, con la modernizzazione e l’ampliamento delle forze armate russe e un atteggiamento di Mosca sempre più aggressivo, autoritario e nazionalista, l’Europa avrebbe dovuto di nuovo confrontarsi con una minaccia militare di tipo tradizionale. Concetti simili sono stati più volte espressi negli ultimi anni dal Capo di Stato Maggiore della Difesa britannico, il generale Sir Nicholas Carter. Di più: nel 2017 lo stesso Foreign Office ha riconosciuto che il rapporto tra Regno Unito e Russia è precipitato al punto più basso dalla fine della guerra fredda.
Il caso Skipral, dunque, non cade nel vuoto, ma va letto come un tassello di uno gioco geopolitico ormai non più silenzioso. Gioco che da oltre un decennio vede Londra e Mosca impegnate in una competizione senza esclusione di colpi lungo tutte le crisi russo-europee avvenute dal 2008 a oggi. Il nuovo ruolo strategico di Londra non è solo frutto delle tensioni con Mosca, ma anche dell’indebolimento del fronte occidentale. Provocato da numerosi fattori,
tra i quali lo spostamento strategico degli Usa dal Mediterraneo e dall’Europa verso l’Asia pacifica, l’arretramento del progetto politico dell’Unione Europea e il pericoloso allontanamento della Turchia dal sistema occidentale e il suo concomitante avvicinamento a Mosca.
È in questo contesto che la Gran Bre
tagna post Brexit si pone come principale partner di Washington. Il suo obiettivo? Tutelare in Europa gli interessi economici di sicurezza e di stabilità lungo tutto l’arco di crisi meridionale e orientale, anche ben oltre le titubanze degli altri Paesi del continente. Per realizzarlo, Londra cerca di contenere la ricomparsa in scena della potenza russa. L’arco di crisi comprende una regione che, partendo dal Mare Artico, scavalca i confini dell’ex cortina di ferro, attraversa i conflitti congelati di Bosnia-Erzegovina, Macedonia, Donbass, Transnistria, Ossezia Meridionale, Abkhazia e Nagorno Karabah, raggiunge le rovine della Siria di Bashar al Assad, per concludersi nell’Egitto del generale Abd al Fattah al Sisi e nella Libia del generale Khalifa Haftar.
In questa riedizione della Guerra fredda, il Regno Unito e la Russia appaiono sul punto di dar vita a un lungo confronto di cui pochi in Europa sentono il bisogno. La posta in palio, però, è tutt’altro che trascurabile. Si tratta di confermare o meno il verdetto della Guerra fredda del Novecento che era stato dato per consolidato. Londra e il Congresso statunitense ritengono ormai fallita la tattica di ingabbiare la Russia nella globalizzazione occidentale, integrandola nel sistema economico internazionale e democratizzandola. Mosca invece, che ha vissuto gli anni dell’abbraccio forzato con l’Occidente come un periodo di umiliazione e come una trappola strategica, punta a ribaltare il verdetto dell’89 e a portare avanti il suo ritorno geopolitico.