Luke Harding: «Ma io non ho dubbi, sono stati loro».
L’ex corrispondente del Guardian a Mosca, Luke Harding, vede la mano di Putin. Che secondo lui vuole piegare il mondo agli interessi del Cremlino.
Un agente liquidatore dell’Fsb ( l’ex Kgb, ndr) non agisce senza l’approvazione dei vertici. Non c’è dubbio: la leadership di Mosca è coinvolta nel caso Skripal. L’indizio maggiore sta nel metodo: il veleno. Per Litvinenko nel 2006 venne scelto il polonio, per Skripal nel 2018 il gas nervino a uso esclusivo del Gru, i servizi segreti militari russi. Un attacco pensato per provocare uno scontro con Londra». Va giù pesante Luke Harding, ex corrispondente da Mosca del quotidiano liberal londinese
Guardian, espulso nel 2011, nonché autore di libri controversi e scottanti come
Collusion (Mondadori), sull’interferenza russa nell’elezione di Donald Trump. Insomma, ci sarebbe una responsabilità diretta di Vladimir Putin? Non sono un fan del ministro degli Esteri inglese Boris Johnson, ma stavolta credo abbia ragione. C’è una tradizione radicata, fin dall’era sovietica: colpire traditori e oppositori all’estero. Putin l’ha fatta sua. Aleksandr Litvinenko e Sergei Skripal: entrambi ex spie russe, entrambi esuli, entrambi gole profonde dell’MI6 ( l’agenzia di spionaggio per l’estero di Sua Maestà, ndr)... Ma perché Putin avrebbe scatenato un tale putiferio? Che vantaggi avrebbe da una nuova, pericolosa, Guerra fredda? Non è una nuova Guerra fredda. È la stessa Guerra fredda di prima. Senza più l’ideologia... L’ Occidente non se n’era accorto. Putin vuole rimodellare il mondo secondo gli interessi del Cremlino, sfruttando la porosità e l’ingenuità delle nostre democrazie. E gli serve instillare la paura in chi, nell’élite russa, sta meditando di riparare in Occidente o in chi cova l’intenzione di collaborare con qualche intelligence occidentale. Un’eliminazione mirata, di tanto in tanto, gli è funzionale: è un messaggio che manda a segno. Quasi tutti i casi riconducono al giro di Boris Berezovskij, l’oligarca trovato morto nel 2013. Vale per Litvinenko, per il tycoon georgiano Badri Patarkatsishvili e adesso per Glushkov. Perché? Ricordo bene, perché lavoravo a Mosca, che Putin era ossessionato da Berezovskij, di cui era stato a lungo amico. Non esagero se dico che Berezovskij stava a Putin quasi come Trotsky stava a Stalin. Ogni complotto, ogni trama, venivano attribuiti a lui e alla sua cerchia. Prima o poi li hanno fatti fuori tutti! Come vivono questa situazione i tantissimi esuli russi, la cosiddetta Londongrad? Erano venuti a Londra con l’illusione di stare in un posto sicuro, alla larga dalla politica. Ora si guardano le spalle. Molti si sentono in pericolo. Che cosa pensa delle ritorsioni messe in atto dalla premier Theresa May? La soluzione non è certo espellere 23 diplomatici russi, che si sa bene essere delle spie. Il problema vero è trovare il coraggio di scoperchiare la pentola dei soldi e degli affari sporchi dei russi a Londra, che godono di connivenze in ambienti inglesi che contano. Non ci credo molto... La May, non dimentichiamolo, fu il ministro degli Interni che rifiutò di aprire un’inchiesta pubblica sull’assassinio di Litvinenko. Fu proprio la sua debole risposta di allora a permettere a Putin di ricominciare da capo.