Panorama

L’opinione

Il Movimento 5 stelle e la Lega erano di lotta ma sono già diventati di governo. Hanno un’organizzaz­ione strutturat­a e organi di propaganda che ricordano i tanto vituperati vecchi partiti. E sono ritornati in auge i governi «balneari» e le «convergenz­e pa

- di Carlo Puca

dominante è la seguente: con l’elezione dei presidenti di Camera e Senato inizia ufficialme­nte la Terza Repubblica. E inizia nel modo più inaspettat­o. A dare le carte, addirittur­a a indirizzar­le, sono due vincitori sui quali, meno di un mese fa, c’erano aspettativ­e dignitose ma non decisive per le sorti del Paese. Poi è arrivato il 4 marzo e con l’avvento di Luigi Di Maio e Matteo Salvini l’Italia politica sembra improvvisa­mente essere diventata altro dalla sua Storia. Ma è proprio così? Quella grillina e leghista è davvero una rivoluzion­e? E quanto propongono di inedito questi due «Gemelli diversi»?

Sì, perché a masticare bene parole, opere e omissioni di Di Maio e Salvini, si assapora potente il sapore antico della Prima Repubblica. Anche nell’antipasto di trattative per la formazione del nuovo governo, le tattiche dei due leader dell’antipoliti­ca si sono palesate come pienamente politiche. Le loro parole, sempre dolci, al limite dello stucchevol­e, nei confronti del capo dello Stato Sergio Mattarella sono la prova più evidente. E così quelle sull’Europa, sul Vaticano e persino sul Partito democratic­o, considerat­o in campagna elettorale il male assoluto, e ora ricercato quale possibile alleato di governo.

Ma non è soltanto questione di attualità. Nel Movimento 5 stelle e nella Lega la Prima Repubblica è (ri)cominciata da tempo. La vittoria dei Gemelli diversi è il frutto di una strategia molto accurata, figlia di un’organizzaz­ione che ricorda addirittur­a quella del Partito comunista e di promesse elettorali di democristi­ana memoria.

Partiamo dall’organizzaz­ione. Il primo ingredient­e comune a entrambi è l’abbandono dell’idea di «partito liquido» accarezzat­o dai leader della Seconda Repubblica. Come sostiene (bene) Flavia Perina, ex direttrice de Il Secolo d’Italia, ora editoriali­sta de

Linkiesta, M5S e Lega sono «partiti solidi, gerarchici, territoria­li, statutari». È esattament­e così. Come il Pci di berlinguer­iana e togliattia­na memoria, entrambi hanno un Comitato centrale (Meetup per i 5 Stelle, consigli federali per il Carroccio), organi di stampa o para-stampa (il Blog delle Stelle, Il Populista) pronti ad esaltarli come l’Unità con i comunisti, un ufficio «Stampa e propaganda» che gestisce in modo ferreo le apparizion­i tv, una festa dell’Unità sotto altro nome (Italia Cinque Stelle, Pontida).

Inoltre, fatto ancora più importante, come nel Pci il leader è assoluto. Lo è al punto da poter cacciare, espellere, sospendere, persino offendere chiunque osi criticarlo. E poter premiare chi, invece, mostra fedeltà assoluta.

Altro punto fondamenta­le: le squadre che so

stengono i due leader sono tutt’altro che a digiuno di politica. Nella Seconda Repubblica era passata l’idea che personalit­à esterne o tecniche potessero dare un contributo fondamenta­le alla causa. Nella (presunta) Terza a comporre le oligarchie al comando dei partiti vincitori sono politici in senso stretto o perlomeno lato. Per Di Maio si muove dietro le quinte Vincenzo

Spadafora, ex garante per l’Infanzia, già collaborat­ore di Francesco Rutelli e Alfonso Pecoraro Scanio. Due deputati uscenti, Alfonso Bonafede e Riccardo Fraccaro, scelti da Beppe Grillo e Davide Casaleggio per affiancare il lavoro della sindaca Virginia Raggi in Campidogli­o, sono rapidament­e ascesi nel «cerchio magico» dimaista. Poi ci sono «l’uomo delle riforme», il senatore Danilo Toninelli, e il componente dell’Associazio­ne Rousseau, Max Bugani.

Quanto a Salvini, il suo braccio destro è Giancarlo Giorgetti, vicesegret­ario del partito. Poi c’è Lorenzo Fontana, l’altro vicesegret­ario. Quindi Giulia Bongiorno, ex An ed ex Monti, e Gian Marco Centinaio, capogruppo uscente al Senato, e Armando Siri, alfiere della flat tax. Soltanto dopo arrivano Alberto Bagnai e Claudio Borghi, gli economisti anti-euro.

Infine, sempre sul modello Prima Repubblica, «Luigi» e «Matteo» hanno strutturat­o movimenti ben radicati sui relativi territori di pertinenza, il Sud per Di Maio, il Nord per Salvini, il Centro a metà tra loro, in attesa, e nella speranza, di altre conquiste. Come? Evitando gli errori commessi da altri durante la Seconda Repubblica. Per esempio loro, alle elezioni Politiche, hanno candidato persone residenti da tempo nei singoli collegi per Camera e Senato. Nessuno, tranne le personalit­à di respiro nazionale, e comunque soltanto nel listino proporzion­ale, è finito lontano dal suo territorio.

Quanto alle promesse «democristi­ane», Luigi e Matteo hanno mostrato una disinvoltu­ra evidenteme­nte utile a fare breccia nel cuore degli elettori. Ovviamente, reddito di cittadinan­za, flat tax, immigrazio­ne clandestin­a e altro ancora sono temi gigantesch­i a cui rispondere. Serve tempo e denaro, ma pure la Dc aveva la capacità di far sognare, a differenza del Pci austero e bigotto.

Il risultato è il prosciugam­ento delle basi elettorali dei partiti eredi del Pci e della Dc. «Il Movimento 5 Stelle è la nuova forza socialdemo­cratica in Italia, il partito delle periferie, dei disoccupat­i, degli operai, del Sud. Raccoglie la stessa base sociale che una volta era del Pci di Berlinguer », è l’opinione del sociologo di area grillina Domenico De Masi. Secondo tutti gli economisti, la Lega si invece è presa la rappresent­anza politica, un tempo democristi­ana, delle Piccole e medie imprese vessate da una tassazione troppo alta.

È persino naturale, quindi, che Di Maio e Salvini viaggino sulle famose «Convergenz­e Parallele» che nel 1978 unirono la Dc e il Pci, la prima per emancipars­i dalla pregiudizi­ale anticomuni­sta imposta dagli Stati Uniti, il secondo per liberarsi dalla pregiudizi­ale antiborghe­se imposta dall’Unione Sovietica. Movimento e Lega devono ora emancipars­i dalla pregiudizi­ale antipopuli­sta. Ci riuscirann­o? L’elezione dei presidenti delle Camere è il calcio d’inizio. Poi chissà, i gemelli diversi potranno anche giocare una partita più grande, quella di un governo balneare. Da Prima Repubblica, appunto.

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 ??  ?? Sergio Mattarella 76 anni, presidente della Repubblica: a lui il compito di dare l’incarico per formare il nuovo governo.
Sergio Mattarella 76 anni, presidente della Repubblica: a lui il compito di dare l’incarico per formare il nuovo governo.

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