E SE FOSSERO STATI DEI MERCENARI?
Negli ambienti d’intelligence è l’ipotesi che va per la maggiore.
L’avvelenamento dell’ex agente russo Sergei Skripal ha involontariamente avvantaggiato tanto il governo di Londra, in cerca del consenso perduto postBrexit, quanto Mosca, dove a un presidente sotto elezioni serviva ogni singolo voto per rimarcare il proprio prestigio. Eppure il mistero avvolge la più grave crisi diplomatica dai tempi della Guerra fredda. Che cos’è successo davvero a Salisbury, la cittadina dove Skripal viveva dal 2010? L’ex agente russo è stato avvelenato per ordine del Cremlino? Sono gli interrogativi che dal 4 marzo si pongono tutti gli analisti di intelligence. Per quanto ciò sia realistico (fin dai tempi sovietici Mosca usa la divisione speciale Smersh, acronimo di «morte alle spie», per eliminare nemici e traditori) la spiegazione non sembra soddisfacente. Sergei Skripal era stato reclutato dai servizi britannici negli anni Novanta, ma ora conduceva una vita ritirata e non pareva rappresentare più un pericolo per la Russia di Putin. Ma contro di lui è stato usato addirittura un agente nervino, sufficiente a creare un’ondata d’isteria
nel Regno Unito. Negli ambienti dei servizi, l’ipotesi più accreditata è che il sospettato Svr (il servizio d’intelligence estero russo) possa non aver usato abbia usato propri agenti, ma mercenari, utilissimi quando non si vogliono lasciare tracce. Un mercenario non ha mai legami diretti con il governo che l’ha reclutato, né può provare di averne nel caso in cui sia catturato. Ecco perché i russi (e non solo) li usano spesso nei teatri di guerra, non ultimo la Siria. Spesso, però, proprio perché non sono professionisti e non sanno operare come agenti perfettamente addestrati, i mercenari possono commettere errori o creare situazioni allarmanti, come quella che ha gettato nel panico Salisbury. Resta da spiegare perché sia stato ordinato un atto così audace contro un agente in pensione. E come mai una settimana dopo sia stato strangolato a Londra Nikolai Glushkov, legato all’oligarca anti-putiniano Boris Berezovskij, già coinvolto in un caso di frode interno alla compagnia aerea Aeroflot, che talora l’intelligence di Mosca usa come copertura per finanziare operazioni all’estero. Certo, con questo atto irrituale s’è aperta una «guerra di spie». Perché il messaggio, chiunque fosse il destinatario, è stato recapitato.
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