Panorama

L’arte di essere Gianni Letta

Rispettoso, indipenden­te, conoscitor­e degli uomini, delle loro passioni e delle loro debolezze. Un ritratto, visto da molto vicino, dell’eminenza grigia meno in vista eppure più presente. E adesso che si deve formare un governo, più che mai spicca una del

- Giuliano Ferrara

N on si fa colore su Gianni Letta. L’uomo è grigio come è grigia la sua eminenza. Ma non è una sfumatura di grigio, è un’altra cosa. Letta appartiene a un milione e quattrocen­tomila associazio­ni e consigli di amministra­zione che vanno dalla musica al teatro alla filantropi­a alla cultura, la sua presenza cerimonial­e è ubiqua, assoluta, infallibil­e, ma equivale a un’assenza per discrezion­e, corrispond­e a un gentile «non ci sono per nessuno», la sua disponibil­ità è talmente ampia che la sua risposta chiave ai due milioni e quattrocen­tomila che ogni giorno gli chiedono un favore è sempre e solo «mi attivo subito», che è il più bel no mai pronunciat­o. Ma Letta è un «profession­al», uno delle élite, dunque un uomo prezioso, un osservator­e della politica e dei rapporti di forza con i mezzi della politica e della cultura politica e dell’esperienza politica. Ce ne vorrebbero mille, di eroi eponimi, di tipi come lui, invece ce ne sta uno solo, vero, autentico, un moralista di quelli del Seicento, che conoscevan­o e classifica­vano le passioni, gli ardori, le fisime, le ambizioni giuste e sbagliate degli uomini e delle matronesse, il loro fottutissi­mo amor proprio, e potevano farlo perché avevano un’altra passione, la politica come antropolog­ia, come esperiment­o significat­ivo, come fatto della realtà e della storia.

Letta sembra interessat­o a tutto, divora i dossier, come uomo di governo e di

lobby è capace di leggere gli strati infiniti di un infinito passato dentro la filigrana del presente, che non esiste, e dunque in vista di un risultato, che è il futuro immediatam­ente percepibil­e e subito arrivato. Per questo è indifferen­te e molto efficace, e a suo modo perfino appassiona­to nella decisione e nella realizzazi­one. Dovreste vederlo vicino al boss, rispettoso e indipenden­te, quando abbocca al suo sigaro toscano e diventa fumo nell’aria, ma solo prima o dopo aver pronunciat­o quelle due o tre parole che pesano e incantano per la loro straordina­ria povertà, cioè per la loro forza retorica. Anch’io sono stato un consiglior­i rispettato del boss, e rispettoso oltre ogni ironia, oltre ogni ira, ma ero tutta carne, ero l’arrosto di passione che conta meno del fumo di perspicaci­a, formulavo discorsi compiuti, mi identifica­vo, pensavo a quello che si doveva fare, mentre Gianni Letta ha sempre saputo quello che per misteriose ragioni non si doveva fare. Poteva ovviamente anche sbagliare, ma era sempre un errore rassicuran­te, che il tempo si sarebbe poi incaricato di correggere.

Ora tutti si domandano se Gianni fosse d’accordo con l’alleanza di centrodest­ra

rispolvera­ta, e con i termini e le condizioni che hanno portato il boss a spendersi alla fine per un altro da lui, e pencolano per il no, per il sì o per il ni. La domanda è mal formulata. Gianni Letta non si è mai permesso in vita sua di avere una posizione, cosa che giudica francament­e banale. Ma ha sempre cercato di interpreta­re uno stile possibile in ogni posizione, di limarlo, di riconoscer­ne il realismo o anche solo l’opportunit­à. Mi ha sempre fatto ridere che il boss abbia detto di lui che era il suo numero due, in particolar­e alla fine di un congresso, e con tono stentoreo, alla fine dell’unico congresso tenutosi ad Assago di un partito al quale Letta non si era mai iscritto, e di un’assemblea fitta di ambizioni sbagliate alla quale si era ben guardato dal partecipa-

re, restando a Roma. D’altra parte Letta non aveva bisogno di fare il patto del Nazareno, che poi è casa sua, è il suo ufficio, quello era compito di Verdini, e funzione e visione del boss in persona e del suo interlocut­ore, perché Letta era il Nazareno, anzi è il patto, è la cosa che deve esserci nel momento in cui deve esserci. Tutti più o meno fanno, Letta univocamen­te è: una bella differenza a suo vantaggio.

Beati i popoli che hanno bisogno

di eroi come Letta. Ha più o meno l’età del boss, ma sembra alternativ­amente suo padre o suo nipote. Appartiene alla sua azienda, ma si muove come un collaborat­ore a contratto nel segno di una specie di informale indipenden­za. Di lui si dice che è l’unico, o uno dei due, che può parlare a tu per tu con il boss su qualunque registro di parola e di timbro, ma può farlo perché non lo fa. Letta è un paradosso vivente, come lo sono quasi sempre i consiglior­i, gli amici, i famuli. Ora si deve formare un governo, si deve evitare un nuovo round elettorale, si deve evitare il dilagare degli asini nei posti di comando, si deve rafforzare e indebolire il ruspante che ha scippato al boss la posizione apparente di numero uno, si devono organizzar­e tavoli di negoziato aperti e nascosti, occorre stabilire le regole di una partita complicati­ssima, in cui contano elementi tribunizi che Letta disprezza, ma conosce, e fattori personali che Letta saprebbe descrivere a menadito, se si autorizzas­se a farlo, e a questo punto è ovvio che Letta diventa decisivo, non avendo mai smesso di esserlo, perfino quando è stato pleonastic­o. Non perché sappia quello che si deve fare, ma perché conosce con certezza le vie di tutto quello che non si deve fare, non si deve dire e non si deve nemmeno pensare.

«Tutti più o meno fanno, lui univocamen­te è. Una bella differenza a suo vantaggio»

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 ??  ?? Gianni Letta è nato ad Avezzano, il 15 aprile 1935. Fin dall’entrata in politica di Silvio Berlusconi, è suo ascoltato consiglier­e.
Gianni Letta è nato ad Avezzano, il 15 aprile 1935. Fin dall’entrata in politica di Silvio Berlusconi, è suo ascoltato consiglier­e.

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