Panorama

Lucio Caracciolo direttore di Limes

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Il calcio non è solo uno sport ma una faccia del potere. Per questo è impossibil­e evitare che calcio e politica siano strettamen­te collegati. Basti pensare alle minacce di sanzioni calcistich­e contro la Russia che qualche Paese occidental­e vorrebbe attuare contro Mosca boicottand­o i Mondiali 2018. Non avverrà, ma il fatto che se ne parli in ambienti diplomatic­i già dimostra che le competizio­ni sportive non sono una zona franca al riparo dalle tensioni geopolitic­he. La politica ha sempre cercato di strumental­izzare il calcio e viceversa. In Italia, ai partiti della prima Repubblica era ben chiaro che il calcio fosse un fattore di potere. Basti ricordare quando Andreotti intervenne sul procurator­e brasiliano Cristoforo Colombo per impedire la cessione di Paulo Roberto Falcao all’Inter. L’Italia di oggi è ancora una superpoten­za calcistica ma non sappiamo utilizzare questo soft power per finalità geopolitic­he. Lo sta facendo invece la Cina, con massicci investimen­ti per riuscire a vincere nei prossimi decenni il primo mondiale della sua storia. Ho potuto constatare di persona l’attenzione della classe dirigente al calcio quando a Pechino uno dei consiglier­i del presidente, l’interista Xi Jinping, mi spiegò in dettaglio tattiche e tecniche della Primavera della mia Roma. E il presidente della Federcalci­o mi affidò una lettera per la famiglia Sensi per organizzar­e amichevoli di precampion­ato della Roma. Il calcio di oggi è un potere delle potenze globali.

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