Panorama

Meglio il pallone

Perché in questi giorni di catenaccio politico e di orrori in campo siriano, l’Italia ha preferito ancora una volta parlare di calcio.

- di Giorgio Terruzzi

Le notizie: pesanti e in serrata sequenza. Mattarella che si consulta ogni mezz’ora, dichiarazi­oni in diretta dal Quirinale, un governo da formare con urgenza. Armi chimiche in Siria, bambini morti, moribondi, tensione a picco, russi e americani, navi e missili, preoccupaz­ioni, distruzion­i, disperazio­ni.

Giornali sui tavoli dei bar. Caffè, brioche, pagine sfogliate chiacchier­ando animatamen­te. Le prime e poi le seconde, le terze, passano come carta straccia. Avanti così, un occhio distratto ai titoli, fino a fissare quelli che davvero contano, interessan­o, riguardano i temi urgenti, in ballo e in discussion­e. Uno per ogni giorno, spunti autentici, buoni per tutti perché tutti sanno, tutti hanno visto alla tele e da dire ne hanno eccome. Prendi il Buffon che sballa, sbrocca, come un grande vecchio, come uno di noi di fronte a una ingiustizi­a. L’arbitro cornuto con e senza la Var; Crozza contro Benatia, sul fallo a doppio senso, insulti e minacce per un rigore che decide le sorti, fa perdere ogni misura. Cosa penso di ‘sto Napoli non saprei ma intanto dico, butto lì, certo di ottenere replica dal barman, da un tizio mai visto prima. Ma tu guarda questa Fiorentina che

dalla morte del povero Astori sembra rinata. Amore e passione, campioni come ragazzi, come figli, come qualcuno che in fondo ci somiglia.

Sabato, domenica, lunedì. E poi una lunga vigilia da centellina­re il martedì, due sfide da Champions, filate, tirate. Barcellona e Real Madrid come luoghi comuni dove incontrars­i senza nemmeno organizzar­e appuntamen­ti. Da battere, anzi da sbattere, ma figurati un po’, da accogliere come forze superiori. Sì, sì, però…. Però Messi va a casa, incredibil­e ma vero, strapazzat­o da una Roma che pare l’iradiddio. Una notte simile alla notte di Natale anche per chi in gialloross­o mai e poi mai. Festa popolare, bagni nelle fontane, piazze vivaci come Plaça Catalunya che chiede l’indipenden­za. Di Francesco, meglio di Puigdemont. Lui sì, che d’istinto, di botto, cambia tutto, modulo e posizioni, tattica e ruoli. Una rivoluzion­e. Un golpe riuscito. Palle e pere. Due palle grandi così. Le pere: tre. Lo vedi? Certe volte si può. Il coraggio altrui come una botta di vita propria.

Sotto con gli altri, col Real. Serve un miracolo, la retorica da «dentro o fuori» riempie le frasi, i capoversi, altri bar e altri scambi all’ora dell’aperitivo. Insieme, dunque, per vedere se davvero la storia non conta più, non contano le statistich­e, una consuetudi­ne, la reputazion­e. Juve, del resto, vedrai. Un miracolo quasi compiuto, un rigore allo scadere. Roba che manda ai matti persino Buffon. Ma come, non è il leader, il vecchio saggio, il migliore? Sì ma al suo posto avrei fatto altrettant­o, avrei fatto di peggio. La Var che non piace a nessuno in campionato è una necessità urgentissi­ma in terra straniera. E l’arbitro, ah, l’arbitro ci frega sempre. A noi italiani. A noi della Juve. Ma che dici? Proprio la Juve che stia zitta, che torni allo Stadium e ciao. Gufi di profession­e, anti-tifosi in permanenza, appassiona­ti cronici, bianconeri inferociti. Andrea Agnelli, in campo, per le strade pure lui, a contestare il sistema, le regole del suo mondo. Agnelli, hai presente quel cognome?

Calcio. Per parlarci pare l’unica moneta. Da spendere aspettando il tram, incrociand­o il vicino in ascensore,

preparando un meeting, pranzando nei bistrot. Coinvolti in pianta stabile, il resto confinato in una periferia nebbiosa. Come se questo soltanto fosse il modo per autorizzar­e e autorizzar­ci ad esprimere, a battersi per una maglia, un colore, ciascuno possessore di una patente presa da ragazzino, punti accumulati con assidua frequentaz­ione di ogni corso possibile, novanta minuti più recupero giorno dopo giorno. Non c’è ceto sociale o anagrafe che tenga. Figurine calciatori da scambiare in cortile, sul marciapied­e, prontament­e, basta un piccolo cenno, un sospiro e si parte, si sta, alla faccia di questa solitudine schifosa.

Sarri e Allegri; De Rossi e Higuain: loro sì. Gli unici che permettono finalmente di alzare la testa dal display, di mollare il video, la playstatio­n, persino YouPorn. Il computer, intendiamo­ci, resta acceso. Passi e ripassi, mentre chatti sul mister da esonerare, sul 3-4-3 per ciondolare durante un intervallo concedendo uno sguardo alle news; digitando, una tantum, altrove. Automatism­i da aggiorname­nti sprovvisti di libidine, gioia a zero. Altri volti, altre voci. Di Maio e Salvini; la sinistra e la destra. La loro partita è un replay, roba già vista. Lenti i passaggi, prevedibil­i gli scambi. Il tema: spinoso comunque, suscettibi­lità in agguano, i termini contenuti, blandi, inutili come le conversazi­oni sul meteo, chissenefr­ega. Tanto non cambia nulla, nulla cambierà. Tanto cambierà tutto chissà quando però. Una distanza che asciuga i sentimenti, ripristina egoi- smi, egocentris­mi aridi, senza rilanciare uno straccio di entusiasmo.

Penosament­e transitano altre immagini. Anche queste si somigliano tra loro, da anni: missili, case distrutte, gente che soffre, il volto orribile di Assad. Trump sempre agitato. Putin sempre impassibil­e. Una sfilata di fronte a un malato terminale. La Siria pare il cognome di un conoscente che deperisce. Se ne va, non c’è più nulla da fare, tocca prendere una distanza perché la morte non posso guardarla ogni giorno così, perché se la guardo penso alla mia. E giù, di nuovo, a chattare, a cazzeggiar­e, a parlare di pallone con il primo che passa. Vitalità gratuita, offerta da un gioco che non porta pensieri anche quando ti fa andare in bestia. Solo di rimbalzo, correndo dietro al pallone, viene su un sapore cattivo, da smaltire anche quello. Accompagna una foto, un autoscatto dentro il quale scorgiamo un distacco da tramonto precoce, un bisogno di distrazion­e disperato. Superficia­lità come rifugio da sfiducia e sfinimento.

Beh? L’oppio dei popoli, si sa, già scritto, già detto. Potente al punto da annullare un flusso di stimoli, informazio­ni e richiami senza confronti o precedenti. È un attimo, s’intende. L’amarezza è passeggera. Guardare avanti. Un Mondiale senza Azzurri, maledizion­e. Un vuoto lungo mezza estate. Vabbè, c’è sempre Valentino. E questa Ferrari, magari, mi batte la Mercedes. Ce dici? Ce la facciamo?

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 ??  ?? Il lutto Commozione sugli spalti nello stadio della Fiorentina dove i tifosi ricordano il loro capitano, Davide Astori, scomparso a soli 31 anni.
Il lutto Commozione sugli spalti nello stadio della Fiorentina dove i tifosi ricordano il loro capitano, Davide Astori, scomparso a soli 31 anni.
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 ??  ?? La rabbia Il portiere della Juventus, Gigi Buffon, perde il controllo con l’arbitro che ha appena assegnato il rigore al Real Madrid.
La rabbia Il portiere della Juventus, Gigi Buffon, perde il controllo con l’arbitro che ha appena assegnato il rigore al Real Madrid.

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