BEATRICE NICOLINI
Docente di Storia e istituzioni dell’Africa all’Università Cattolica di Milano.
The Wall Street Journal sottolinea che
«per anni, l’industria mineraria dello Zimbabwe ha sofferto di sottoinvestimenti e gran parte dei suoi vasti giacimenti minerari sono rimasti inesplorati». E continua: «Nonostante abbia la terza più grande riserva mondiale di platino, palladio e rodio, la produzione in Zimbabwe è inadeguata». Il portale AllAfrica sostiene però che con Mnangagwa, «dopo oltre un decennio di isolamento e sanzioni economiche», lo Zimbabwe ha aumentato «le aspettative, in particolare per quanto riguarda la ripresa economica e la creazione di posti di lavoro». Le riforme che si stanno realizzando sono di certo un miglioramento per lo Zimbabwe. È anche vero che è difficile far peggio di Robert Mugabe, un presidente corrotto che si è circondato di mogli altrettanto corrotte. Mnangagwa, detto il Coccodrillo, era il suo braccio destro. La sua non è una leadership così lontana da quella del predecessore: anch’egli proviene dall’esercito. Eppure Mnangagwa ha già attuato una riforma molto importante: il dollaro è diventato la valuta del Paese. Ciò apre lo Zimbabwe al business internazionale. Alcuni Stati confinanti come Mozambico e Sudafrica hanno per esempio stretto accordi importanti con l’Eni. È facile che adesso questo possa accadera anche allo Zimbabwe.