Panorama

Caffè. Quello italiano possiamo berlo senza timori

Dagli Usa l’allarme: contiene acrilammid­e, sostanza cancerogen­a. Ma il nostro espresso non è dannoso.

-

L’acrilammid­e, una sconosciut­a presente in tanti cibi. È un ammide concerogen­o, in grado anche di causare danni al sistema nervoso. Di recente un magistrato americano ha portato questa sostanza alla ribalta internazio­nale con una sentenza allarmisti­ca, dichiarand­o che il caffè fa male alla salute, tanto da reputare necessario indicare il pericolo in etichetta, come per le sigarette.

Sotto accusa la tostatura dei chicchi di caffè, fase in cui si forma l’acrilammid­e. C’è da dire che gli americani bevono un caffè lunghissim­o, quello che Totò, scherzando, chiamava ciofega: una sorta di brodaglia che consumano in capienti bicchieron­i e a qualunque ora del giorno. La preparazio­ne del caffè all’americana prevede un lungo e continuo passaggio di acqua sulla polvere di caffè, e ciò consente di estrarre maggiormen­te acrilammid­e; più è lungo il caffè, quindi, più acrilammid­e si beve.

Tutt’altra storia l’espresso italiano che privilegia la qualità e l’aroma alla quantità. In poca acqua concentra il gusto e poiché il passaggio dell’acqua stessa è repentino, non si estrae acrilammid­e se non in quantità infinitesi­mali. Il consumo quotidiano di due/tre espressi non costituisc­e certo un pericolo.

Caffè a parte, l’acrilammid­e si trova in parecchi alimenti. Si può produrre durante la normale cottura ad alta temperatur­a; a partire dai 120° gradi, si ha una reazione chimica che conferisce al cibo la doratura, specialmen­te in presenza di amidi. La dose definita «trascurabi­le» è pari a 0,17 mg/kg di peso corporeo. Ciò significa che minore è il peso dell’individuo maggiore è il rischio.

Finora gli studi sono stati condotti su ratti, mentre sono attesi quelli sull’uomo. Mentre aspettiamo i risultati di questi ultimi, un invito alla prudenza è doveroso perché, dosi quotidiane e parte, è certamente una sostanza da non accumulare nel nostro organismo. Come diciamo da sempre, i prodotti fritti ne sono ricchi, ma l’acrilammid­e si trova anche in biscotti, cracker, pane e alcuni alimenti per l’infanzia.

Fra i cibi più amati (a tutte le età) ci sono poi le patatine fritte, dove l’acrilammid­e è presente. E dal momento che più un individuo è leggero e più in fretta si raggiunge la dose sopportabi­le, i bambini sono la fascia maggiormen­te a rischio.

Alimenti come carne e pesce sono meno problemati­ci, da questo punto di vista, purché non siano impanati e fritti, o bruciati durante la grigliatur­a. Limitarne il consumo è l’obiettivo dell’Efsa di Parma, dove si stanno revisionan­do centinaia di studi scientific­i. n

 ??  ??
 ?? di Caterina e Giorgio Calabrese, moglie e marito: tecnologa alimentare lei, medico nutrizioni­sta lui. ??
di Caterina e Giorgio Calabrese, moglie e marito: tecnologa alimentare lei, medico nutrizioni­sta lui.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy