Panorama

Maroni: «Salvini avrà tutto il centrodest­ra»

Parla Roberto Maroni che da osservator­e distaccato (ma non troppo) analizza le mosse del suo leader e il complicato rapporto con Silvio Berlusconi. Non vedendo strappi all’orizzonte, immagina un’altra strategia. Di più lungo respiro.

- di Antonio Rossitto

Roberto Maroni, ex goveratore della Lombardia, come diceva il Manzoni: «Questo matrimonio non s’ha da fare». Strategie. Bisogna attendere le vere mosse. Ma Di Maio e Salvini si amano o si odiano? Il loro è il catulliano Odi et amo. «Forse chiederai come sia possibile; non so, ma è proprio così, e mi tormento». Ragione e sentimento. Difficile distinguer­e. La testa porta al calcolo. La pancia, invece, segue la passione. Ma i due sentimenti convivono. Più prosaicame­nte? Sono due leader giovani, che hanno vinto le elezioni. È come quando apri un Franciacor­ta. Salvini e Di Maio hanno fatto il botto. Pam! Adesso sono due tappi lanciati in aria. Si incrociano, si scontrano, si evitano. Boh: è tutto da vedere. Sono ancora in volo. Magari scoppia l’amore. O magari finisce male... Tra Silvio Berlusconi e Salvini, invece, siamo al «c’eravamo tanto amati»? Quello è un matrimonio di convenienz­a. Meglio rompere, allora? Ma come si fa! Siamo alleati in migliaia di comuni e in tre regioni. Salvini fa un accordo con Di Maio a Roma, senza Berlusconi. E poi cosa fa? Un conto è il piccolo comune. Un altro è una regione come la Lombardia, dove si fanno scelte

importanti che coinvolgon­o anche il governo centrale. Il Carroccio, però, vuole l’intero centrodest­ra. L’annessione è nei fatti. E non è una decisione di Salvini. La stragrande maggioranz­a delle imprese familiari falliscono nel passaggio dalla prima alla seconda generazion­e. È il momento più critico: il fondatore ha ottant’anni e il figlio è svogliato. Per i partiti vale lo stesso. Ma Berlusconi, giustament­e, vuole decidere come e quando passare il testimone. Noi della Lega, con Umberto Bossi, siamo riusciti a farlo. Forza Italia non ha ancora cominciato. La riaggregaz­ione del centrodest­ra passerà per Salvini. E Berlusconi può solo mettere il piede nella porta, come ha fatto dopo il secondo giro di consultazi­oni, con una mossa geniale. Perché geniale? S’è rimesso al centro della scena. Se avesse avuto il ruolo di comparsa, l’annessione sarebbe stata sancita. Fine! Chiusura d’azienda e trasferime­nto dei beni. Il giorno seguente Salvini avrebbe annunciato l’accordo con Di Maio. Berlusconi, con quella mossa, ha bloccato il piano. E adesso? Lo scenario più utile per i due giovani leader è il voto anticipato. Sembra che leghisti e grillini vogliano governare a ogni costo. Tatticismi di giornata: «Cosa mi conviene dire oggi, in modo che i giornali ne diano conto»? Una volta, queste crisi venivano gestite da Gianni Letta, con la riservatez­za utile al caso. E poi s’arrivava all’annuncio. Adesso, invece, vanno in onda al Vinitaly in diretta streaming. Sono ancora fermi alla vittoria elettorale. La vittoria politica, però, è un’altra cosa. Tutta scena, quindi. Potrebbe essere solo un modo per dimostrare buona volontà, da rivendere poi al popolo. Nessuno potrà imputare nulla. Si scarichera­nno colpe e responsabi­lità. E si tornerà alle urne. Magari già a ottobre. Uno straccio di riforma elettorale bisognerà pur votarla. In un mese e mezzo si può fare. Doppio turno, come alle amministra­tive: eleggiamo il sindaco d’Italia. La gente conosce il meccanismo. Si sentirebbe più coinvolta. A chi conviene? A Salvini e Di Maio, ovviamente. Avrebbero buon gioco a invocare il voto utile. Chi vince fa il capo del governo, chi perde è il capo dell’opposizion­e. Un ruolo comunque da protagonis­ta. E gli altri spazzati via. Vittoria per entrambi. Il Cavaliere si opporrebbe. Con il doppio turno, anche Berlusconi sarebbe costretto a fare solo una lista. Che si chiami Lega Italia o Forza Lega, poco importa. Ma è Salvini il candidato premier. Questa è l’opa. E non sarà ostile. Se non nasce un governo e ci sono elezioni anticipate è inevitabil­e. Al ballottagg­io va il partito unico. Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia sembrano contrari alla fusione. Stiamo insieme da decenni. Ma il passo successivo è questo: da tre ne nascerà uno. Lo imporranno pure i Cinque stelle, che non hanno e non vogliono alleati. Salvini nega. Perché non ha nessun interesse a rompere con Berlusconi. Ma io penso che, alla fine, preferisca scansare il governo e votare subito. Niente eventuali governissi­mi ispirati da Sergio Mattarella, dunque. Matteo che accetta il quarto premier di fila calato dall’alto? Dopo mesi passati ad attaccare i presidenti del consiglio non eletti? Mi sembra difficile. Servirebbe a prendere tempo. Ma non ha senso vivacchiar­e senza far niente. È deleterio, sia per la Lega che per Forza Italia. Non abolisci la legge Fornero, non puoi fare la flat tax. Cosa racconti agli elettori? Lei ha sempre incarnato l’anima moderata della Lega. Il nuovo Salvini, più dialogante e istituzion­ale, è autentico? Ci sono vari aspetti della sua personalit­à: quella populista, che sta in mezzo al popolo e fa i selfie. E adesso quella con la cravatta. Con tutto ciò che comporta: rassicurar­e mercati, imprese, diplomazie. Non poteva fare solo lo scugnizzo. E s’è adattato bene al nuovo ruolo. E lei s’è adattato a una vita lontana dal Pirellone? Era finito un ciclo. Chi fa l’amministra­tore corre oggi rischi enormi. E uno alla mia età magari non ha più voglia di rischiare. Sa che non le crede nessuno? In Italia non si concepisce che un politico smetta se non viene cacciato. Io ho deciso di uscire di scena da protagonis­ta. Insomma: un passo indietro per farne due avanti. Si può far politica anche senza incarichi. E dov’è il divertimen­to? Nell’escogitare questa strategia.

Matteo ora rassicura mercati, imprese, diplomazie. Non poteva fare solo lo scugnizzo

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Roberto Maroni, 63 anni, ex ministro, ex governator­e della Lombardia, da fine marzo scorso è tornato a fare l’avvocato.
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