Panorama

Una casa tra i moderati

Sono lontani i tempi del primato democristi­ano, così come segnano il passo le alternativ­e liberali che hanno contraddis­tinto la seconda Repubblica. Ma la richiesta di stabilità che viene da questo mondo moderato è presente più che mai.

- di Claudio Martelli

Il 18 aprile ricorre il settantesi­mo anniversar­io della storica vittoria che inaugurò il lungo primato della Democrazia cristiana rispetto alla sinistra socialcomu­nista e all’estrema destra neofascist­a. Secondo Acide De Gasperi, che ne fu il primo leader, la Dc era un partito di centro che «guardava a sinistra». Dunque, un partito sensibile alle istanze sociali e coerente con la visione progressiv­a della Costituzio­ne repubblica­na. In fasi diverse muovendo da questa solida centralità operò allargamen­ti successivi delle alleanze: dai governi centristi a quelli di centrosini­stra col Partito socialista, fino alla breve esperienza con quello comunista. Dal punto di vista sociale e culturale la Dc era solidament­e ancorata - e a lungo ne trasse linfa e nutrimento - al retroterra cattolico con le sue potenti organizzaz­ioni sindacali, educative, ecclesiali, giovanili. Questo le consentiva di muoversi abbastanza liberament­e - cioè in rapporto alla propria intelligen­za degli avveniment­i - secondando ora le istanze liberali e mercatiste del capitalism­o e degli alleati laici, ora quelle sociali e stataliste di un’economia di ricostruzi­one e delle istanze socialiste.

Questa capacità di aderire al momento storico e al succedersi di fasi economiche diverse conservò alla Dc un primato ininterrot­to, fino all’avvento della spregiudic­ata competizio­ne al centro di Bettino Craxi e fino all’estenuarsi anche di questo modello. Con il crollo dei muri e il mortale attacco morale e giudiziari­o al sistema partitico la Prima repubblica finì e con essa il paradigma e il primato del centro. Al suo posto s’impose l’impensabil­e novità di Berlusconi e di Forza Italia in tutto diversa da ogni precedente schema politico salvo la riproposiz­ione, ancora una volta vincente, seppure in uno scenario segnato dall’alternativ­a praticabil­e tra due opposti schieramen­ti, dell’egemonia moderata e centrista.

Dopo un quarto di secolo anche la seconda Repubblica volge

al termine e con essa sembra tramontare anche l’inossidabi­le egemonia moderata sull’Italia. Ma è davvero così? Le due forze - l’Ulivo e poi il Partito democatico da una parte, Forza Italia e il centrodest­ra dall’altra - che nella Seconda repubblica si sono disputate la rappresent­anza dei ceti medi e il centro del sistema si sono indebolite. Nuovi protagonis­ti avanzano. C’entrano il logorament­o del potere e dei leader sperimenta­ti. C’entrano l’impoverime­nto, le insicurezz­e, lo spaesament­o dei ceti medi prodotto da vent’anni di globalizza­zione e da dieci di crisi economica e di ondate migratorie. C’entra la rivoluzion­e dei social media che ha allargato a dismisura la platea degli utenti ma sostituend­o all’informazio­ne d’élite - documentat­a e ragionata - uno scambio interattiv­o spesso scadente. Eppure, sebbene solo per alcuni sia principio identitari­o e per molti solo terreno di conquista, il centro politico non è affatto morto. Vorrà pur dire qualcosa se il più premiato dei movimenti antisistem­a giunto all’anticamera del governo ha scelto di definirsi come il nuovo centro.

Solo per alcuni è un principio identitari­o, eppure è intatta la sua capacità d’attrazione

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