Il filosofo della ragion populista
Anticapitalista, contrario alla globalizzazione, rivendica l’uso dell’italiano in contrapposizione all’inglese, attacca l’euro e la Nato, disprezza intellettuali e giornalisti legati al «sistema». Identikit di Diego Fusaro, il pensatore che mette d’accord
A Ivrea, all’evento organizzato da Davide Casaleggio, ha detto: «Gli imprenditori sono degli squali che massacrano masse di lavoratori». E prima aveva spiegato: «Il capitalismo fa fare le riforme alla sinistra perché gli schizzi di sangue dei lavoratori si vedono meno se il macellaio ha il grembiule rosso». Il dubbio è dunque uno: è l’ultimo discepolo di Marx o solamente un formidabile cialtrone? Con i suoi ricci e il viso da secchione, Diego Fusaro è riuscito a introdursi a casa dell’inarrivabile filosofo Emanuele Severino che sul suo conto assicura: «Credetemi. Ha studiato». E si è fatto fotografare, in spiaggia, con Massimo Fini definito su Youtube l’ultimo dei due ribelli sopravvissuti in Italia. L’altro è naturalmente lui, «mentre quelli scomparsi sono Gramsci, Pasolini e Preve…».
Non si sa se sia merito della sua dialettica o una qualità del carattere, ma Fusaro è nello stesso tempo amico del priore del monastero di Bose, il disarmato Enzo Bianchi, e compagno di lotta del (cattivo) maestro Toni Negri, con cui condivide l’idea che la globalizzazione sia «glebalizzazione» e che il capitalismo abbia i giorni contati: «Tremate, turbo capitalisti apolidi e talassici abitatori della società liquida a post modernizzazione avanzata!».
Già da anni i giornali hanno dovuto misurarsi con il fenomeno Fusaro che, come altre prestigiose parabole si è formato sui testi di Giovanni Reale ed è finito negli studi televisivi de L’aria che tira a litigare con Antonio Di Pietro che da Fusaro è stato additato come responsabile di Mani Pulite («Un vero e proprio colpo di Stato») meritandosi questa risposta: «Ma che c... dici! Ma vai a c...!». Come si capisce qui non si discetta della «critica della ragion pratica» ma di un ricercatore (talentuoso)
di filosofia che ha fatto fortuna con il web prima (suo è Filosofico.net, il blog che spiega Immanuel Kant agli studenti in un foglio protocollo) e con la televisione dopo (La7 soprattutto, dove è ospite fisso in quasi tutte le trasmissioni: la prima a lanciarlo fu La Gab
bia di Gianluigi Paragone). In pochi anni, Fusaro ha sedotto Matteo Salvini con i temi a lui cari, sovranismo e frontiere, e non ha smesso di amoreggiare con Beppe Grillo e Davide Casaleggio che gli avevano già concesso uno spazio sul blog e che adesso lo hanno proclamato loro Hegel.
Infiammando e ubriacando, a Fusaro è stato tributata la standing ovation quando a Ivrea ha iniziato con i furori che possono diventare compagni di deliri: «I signori della mondializzazione con il loro clero intellettuale e giornalistico stanno cannoneggiando i fondamenti della vita etica». Ma è su Twitter che il filosofo si supera, come ha fatto il 5 aprile quando ha invocato l’autarchia linguistica: «Sono fiero di parlare la veterolingua italica, in rivendicata antitesi con la neolingua globalista a vocazione anglofona e mercatista».
Fusaro più la spara grossa e più è conteso
dalle case editrici. Già a 19 anni - oggi ne ha 35 - ha iniziato a collaborare con Bompiani che gli ha pubblicato ben cinque libri e gli ha affidato addirittura le riedizioni dei testi di Marx, Montaigne e Luciano di Samosata. «Ma chi ha studiato, e sul serio, si accorge immediatamente che parla per slogan, il suo è meno che pensiero debole. È riuscito a infinocchiare pure Gianni Vattimo che, del pensiero debole, è il padre» racconta un anziano professore che per età e successo non può essere ritenuto un invidioso. Per avvalorare il suo curriculum, Fusaro ha fatto credere di essere allievo di Vattimo a cui lo lega solo la città, Torino, dove uno ha insegnato e l’altro si è laureato ma dove non si sono mai incrociati. Il vero maestro di Fusaro è invece Costanzo Preve, un insegnante studioso dell’operaismo, che ha folgorato Fusaro al punto che Preve si è impossessato di lui mentre Fusaro si è impadronito dei pensieri di Preve.
Sulle origini di Fusaro sappiamo tutto grazie al suo blog che è più denso di Essere e tempo di Martin Heidegger: «Da parte di mia madre sono originario di Acqui Terme. Da parte di mio padre sono veneziano. Dal 2011 vivo a Milano». Non è comunista come cantava Giorgio Gaber «per fare rabbia a suo padre». Figlio di un fotografo, Fusaro non ha il complesso di Edipo: «Proteggete i padri» scrive, anzi, li cerca e li esibisce nel suo pantheon-blog (vedere la sezione «maestri»).
Chi gli ha aperto la strada dell’università è Giuseppe Girgenti, docente della Vita-Salute San Raffaele di Milano, dove insegna Massimo Cacciari, e dove Fusaro ha svolto il dottorato ma dove Cacciari, che l’università l’ha fondata, dicono non lo voglia più vedere.
Se Fusaro è solo l’ultimo dei rapimenti che la televisione ha praticato nelle università, facendo di un uomo di intelletto un urlatore che si fa schermo con Platone, la novità è che è il primo filosofo delle larghe intese tra populismi, capofila di quegli uomini di cultura e di sinistra (Negri, Domenico De Masi, Tomaso Montanari, Moni Ovadia) che stanno transumando, chi sul Carroccio e chi nel M5s, e piegando i loro saggi e la loro storia pur di avere un ruolo nella nuova epoca.
Ammirato dalla Lega per le sue orazioni contro la banche («Turbocapitale»), contro le migrazioni («Schiavi che sostituiranno il popolo»), contro l’euro e la Nato («L’Italia se vuole sopravvivere non deve restare nella Nato con l’euro e nell’Ue»), Fusaro ha convinto pure il M5s che da lui trova sostegno e pensiero per giustificare il reddito di cittadinanza («Punto basico irrinunciabile») e legna per dare fuoco alle tesi complottiste («Avete notato? L’ira dei terroristi non si abbatte mai contro un pezzo grosso dell’Occidente»).
Chi lo conosce dice che è amico anche di Giorgia Meloni, (la pensano allo stesso modo sul premier ungherese Orban: «Peggio di Orban solo l’Ue»). Chiamato ogni pomeriggio in radio, da La Zanzara, ha detto la sua anche sulla masturbazione: «Una forma di autarchia egoistica. Una pratica del neoliberismo». Come si vede riesce a dare titoli ai giornali ma anche a fare infuriare l’accademia a cui è scappato dalle mani e che ha cominciato, ultimamente, a definirlo «parodia del filosofo, una specie di Crozza con la pipa di Sartre». O forse con la pipa surrealista del pittore René Magritte che per esprimere la confusione tra realtà e rappresentazione, la raffigurava sulla tela ma la negava con le parole. Un po’ come Fusaro. Questo (non) è un filosofo.
Più la spara grossa e più è conteso da radio, televisioni e dal mondo editoriale